Uno degli attentati più celebri e sanguinari messi a segno da Cosa nostra è rappresentato dalla Strage di Capaci avvenuta il 23 maggio 1992. Cinquecento chili di tritolo furono fatti esplodere con un unico e ben preciso intento: uccidere Giovanni Falcone, nemico numero uno di Cosa nostra e magistrato antimafia. Alle ore 17:57 un tratto di autostrada A29 fu fatto saltare in aria proprio mentre transitava Falcone. Oltre al giudice rimasero uccisi la moglie e magistrato Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Ventitré, in tutto, furono i feriti. L’attentato di Capaci fu deciso nel corso di alcune riunione delle Commissioni regionali e provinciali di Cosa nostra presiedute dal boss Totò Riina. A dare inizio agli attentati fu proprio l’esito della Cassazione del Maxiprocesso iniziato nel 1986 e che confermò tutti gli ergastoli emessi nell’Appello.



E fu sempre Riina a radunare i suoi uomini ed a scegliere Giuseppe Brusca per usare l’esplosivo che avrebbe fatto esplodere in aria Falcone, previa prova eseguita nei pressi di Altofonte. Una telefonata fatta da Domenico Ganci a Giocacchino La Barbera e Battista Ferrante confermò la partenza dell’auto della scorta di Falcone, seguito dall’ok di Brusca e dall’esplosione fatale.



STRAGE CAPACI, MORTE GIOVANNI FALCONE VOLUTA DA TOTÒ RIINA

Nel luglio scorso si è concluso il processo celebrato davanti la Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta nei confronti di cinque imputati accusati di essere in qualche modo coinvolti nella Strage di Capaci in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone, insieme alla moglie ed ai tre agenti della scorta. I giudici, come rammenta Agi.it, hanno emesso quattro ergastoli e un’assoluzione per non aver commesso il fatto a Vittorio Tutino, confermando la condanna in primo grado per i boss Salvo Madonia, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello. L’accusa aveva chiesto la condanna all’ergastolo per tutti gli imputati. La sentenza è arrivata dopo cinque ore di camera di consiglio ed ha decretato che fu proprio Totò Riina a decidere la morte di Giovanni Falcone anche se si continua ad indagare per  individuare eventuali concorrenti esterni. La Strage di Capaci, infatti, in tutti questi anni ha portato a incredibili retroscena sulla guerra dichiarata da Cosa nostra allo Stato con l’inizio di una stagione di stragi che doveva vedere al centro alcuni eccellenti omicidi.



Nel corso del processo inoltre è stata ipotizzata anche la presenza di una donna nel cantiere di Capaci, ipotesi alla quale si è giunti dopo alcuni reperti ritrovati in una busta a 63 metri dal cratere provocato dall’esplosione. Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone commentò così la sentenza d’Appello: “Il prezioso lavoro dei magistrati di Caltanissetta che non hanno mai smesso di cercare la verità sugli eccidi del ‘92 ci consegna finalmente un quadro più nitido di quanto avvenne quel tragico 23 maggio di 28 anni fa. L’auspicio ora è che si arrivi in tempi celeri alla conclusione dell’ultima tranche aperta del processo che vede imputato il boss latitante Matteo Messina Denaro”.