Braccio di ferro tra pm e giudice sull’impianto accusatorio per la strage del Mottarone, il crollo della funivia a Stresa che il 23 maggio 2021 causò la morte di 14 persone (unico sopravvissuto un bimbo, Eitan Biran). Secondo quanto riporta Il Corriere della Sera, l’udienza preliminare del 12 settembre scorso per decidere le sorti dei sei soggetti finiti sul registro degli indagati – Luigi Nerini, titolare della società di gestione dell’impianto, Enrico Perocchio, direttore di esercizio, Gabriele Tadini, caposervizio, e i vertici di Leitner, Ferrovie del Mottarone e gruppo di Vipiteno – si sarebbe chiusa in un cortocircuito tra Procura e gup.



Lo scontro tra magistrati, che vedrebbe su posizioni opposte la procuratrice Olimpia Bossi e il giudice dell’udienza preliminare Rosa Maria Fornelli, riguarderebbe il nodo delle contestazioni in caso di rinvio a giudizio. Il gup aveva chiesto di escludere le aggravanti per le violazioni delle norme antinfortunistiche e ogni riferimento alla sicurezza sul lavoro, ma per la Procura si tratterebbe di una mossa non contemplata dai poteri attribuiti al giudice e per questo avrebbe chiesto la restituzione del fascicolo per proporre nuova richiesta di processo.

Strage del Mottarone, la Procura non intende modificare i capi d’imputazione come chiesto dal gup

La Procura non avrebbe intenzione di modificare i capi d’imputazione formulati a carico dei sei finiti sotto indagine. La richiesta avanzata dal giudice Fornelli non sarebbe stata accolta dai pubblici ministeri e si tornerà in aula il prossimo 10 ottobre, con il rischio di uno stallo che potrebbe avere un importante peso specifico nel procedimento.

Si tratterebbe di un vero e proprio braccio di ferro tra magistrati la cui genesi, come ricostruisce il quotidiano, risale al 23 luglio scorso: quel giorno, il gup che avrebbe dovuto decidere sull’istanza di rinvio a giudizio proposta alla Procura aveva invece chiesto di modificare le accuse cancellando l’aggravante relativa alla violazione delle norme in materia di infortuni e sicurezza sul lavoro richiamando i principi della riforma Cartabia. Nell’udienza conclusa poche ore fa, la Procura avrebbe sottolineato che non esiste il “dominio incontrastato” in capo al gup relativamente alla “qualificazione giuridica dei fatti (…) che comporti una riduzione delle contestazioni“. Secondo quanto eccepito dai pm, riporta ancora Il Corriere, il gup non ha un potere tale “da comportare situazioni in cui il pubblico ministero, al fine di evitare la restituzione degli atti e la regressione del procedimento, si trovi, di fatto, costretto a stravolgere l’impianto accusatorio“.