Spunta una nuova pista nelle indagini sulla strage familiare di Altavillia Milicia, in provincia di Palermo: secondo quanto riporta Il Giornale di Sicilia, non si esclude che Giovanni Barreca, marito e padre delle vittime (Antonella Salamone, 42enne, e i due figli di 16 e 5 anni, Kevin ed Emanuel), possa aver agito sotto effetto di droga. Stando alle ultime indiscrezioni, gli investigatori starebbero vagliando lo scenario di una presunta somministrazione di sostanze all’uomo da parte dei due coindagati Sabrina Fina e Massimo Carandente, sospettati di essere stati complici nel massacro consumato tra l’8 e il 10 febbraio scorsi nella villetta della famiglia.
Era stato lo stesso Giovanni Barreca, a margine dell’arresto, a puntare il dito proprio sulla coppia di sedicenti “fratelli di Dio” che, per circa un mese, avrebbe portato avanti riti di purificazione ed esorcismi estremi per liberare madre e figli dai demoni fino al triplice omicidio. Antonella Salamone sarebbe stata uccisa per prima, dopo essere stata seviziata, infine bruciata e sepolta sotto un cumulo di terra in giardino. I due figli maschi sarebbero stati torturati e assassinati poco dopo, unica rimasta in vita la figlia maggiore, 17 anni, che oggi risulta indagata con il padre e i due coniugi palermitani per un presunto coinvolgimento nelle torture che hanno preceduto i delitti.
Strage di Altavilla Milicia, rimpallo di accuse tra gli indagati
Il rimpallo di accuse tra gli indagati Barreca, Fina e Carandente sarebbe iniziato subito dopo gli arresti. La coppia di palermitani sedicenti “fratelli di Dio” respinge ogni addebito sostenendo che sia stato proprio Giovanni Barreca a commettere la strage. L’uomo, invece, avrebbe reso dichiarazioni nella quali indicherebbe come principali responsabili Fina e Carandente, dietro i quali non si escluderebbe la presenza di una rete più estesa di potenziali complicità, una presunta setta che potrebbe avere avuto conoscenza quantomeno indiretta degli orrori che si stavano consumando tra le mura di quella villetta.
Al suo avvocato difensore, Giancarlo Barracato, Barreca avrebbe riferito di essere stato come “imbambolato” dai due coindagati: “Non ero in me. Sabrina e Massimo mi hanno fatto bere qualcosa“, questo un passaggio della sua versione davanti al legale che lo assiste e ai due consulenti della difesa, lo psichiatra Alberto Caputo e la criminologa Roberta Bruzzone, durante un recente colloquio in carcere.