Quarantatré anni dopo la strage alla stazione di Bologna l’attentato è ancora oggetto di polemiche, culminate quest’anno con le dichiarazioni di Marcello De Angelis, portavoce del governatore del Lazio Francesco Rocca, che hanno improvvidamente riaperto una pagina controversa della nostra storia.
Va detto che De Angelis, dato il ruolo istituzionale che ricopre di portavoce del governatore, ha abusato del suo ruolo pubblico per esprimere opinioni personali, mettendosi nella condizione migliore per creare problemi al governatore e e al presidente del Consiglio. Fuori da quel ruolo, probabilmente nessuno avrebbe avuto da ridire sulle sue dichiarazioni e tutto si sarebbe risolto in uno scontro anche aspro, ma senza ripercussioni istituzionali.
Nel frattempo Furio Colombo, 92 enne giornalista di qualità ed ex parlamentare della sinistra, ha ripreso ieri sul Foglio le tesi di De Angelis, avanzando apertamente riserve sulle indagini, come già fecero negli anni anche diversi esponenti della sinistra, da Manconi a Boato, da Miriam Mafai a Oreste del Buono che – come si ricorderà – arrivarono perfino a promuovere un comitato: “E se fossero innocenti?”.
Ecco perché risulta molto ipocrita chi, oggi, fa finta di non ricordare le illustri opinioni degli esponenti della sinistra che abbiamo citato, da ultimo lo stesso Colombo.
Una tesi è che l’attentato potrebbe essere stato effettivamente organizzato da persone ed ambienti legati ai gruppuscoli extraparlamentari di estrema destra, ma che non furono la Mambro e Fioravanti a compierlo materialmente, anche perché quel giorno non sarebbero stati fisicamente a Bologna.
È un’ipotesi che nei decenni riappare periodicamente nelle carte e nelle dichiarazioni, ma che si scontra con le condanne passate in giudicato. Parlarne non deve significare voler criminalizzare la giustizia, quanto piuttosto avere il coraggio di dire che effettivamente diversi particolari non combaciano in tutte le varie ricostruzioni che si sono succedute in questi anni.
Personalmente ritengo che chi ha giudicato sia stato convinto di averlo fatto con imparzialità e correttezza, ma – ovviamente – ha potuto farlo solo sulla base delle prove processuali disponibili, e se quindi non tutti gli indizi fossero stati scoperti o trasmessi ai giudici è ovvio che la verità potrebbe essere in parte diversa da quella ufficiale.
Mambro e Fioravanti si assunsero la responsabilità di altri gravi atti criminosi, ma mai della bomba di Bologna e questo lo fecero da subito, quando altre ipotesi investigative potevano forse essere più chiaramente verificate, mentre invece le indagini sembrarono subito dirette a senso unico, anche se dietro a quel generico aggettivo di “fascista” – che mette sempre un po’ ipocritamente a posto le coscienze di tutti – ci potrebbero essere anche gruppi o persone diverse dai condannati.
Una delle piste più controverse che si sono scontrate con diversi preconcetti indica una responsabilità palestinese, legata ad uno “sgarbo” dell’Italia per aver fatto arrestare ad Ortona, pochi mesi prima, Abu Saleh Anzeh, militante del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) e coinvolto nel contrabbando di armi da e verso l’Europa. Qualcun altro ha sostenuto addirittura che non ci fu un vero e proprio attentato, ma scoppiò accidentalmente un contenitore di potente esplosivo militare “in transito” per Bologna verso la Germania e che i resti di una persona ritrovati vicino al punto dell’esplosione non siano mai stati identificati.
Dubbi sollevati anche dalla commissione parlamentare Mitrokhin, che esaminò la sterminata documentazione sovietica del tempo (e liberalizzata dalle autorità moscovite dopo la caduta dell’Urss) che nella relazione finale dedicò ampio spazio a questa ipotesi, peraltro sempre smentita dal Viminale, ma che a sua volta viene contraddetto dalle contestuali condanne di ex nostri agenti segreti accusati di aver “coperto” la manovalanza neofascista.
Sta di fatto che le stesse incertezze gravano anche su altri attentati di quegli anni dove l’intreccio tra servizi segreti, manovalanza criminale, estremismo politico e terrorismo internazionale diviene inestricabile, il che è esattamente quello che avrebbero voluto le “menti” che stavano dietro alle troppe stragi che in quegli anni insanguinarono l’Italia ed in particolare il nostro sistema ferroviario.
Quello che personalmente mi è sempre apparso poco credibile è però stato il consueto presunto coinvolgimento di Licio Gelli anche per l’attentato di Bologna: l’esponente massone (defunto) è stato accusato in contumacia di tutto e di più, tanto da incoronarlo come un genio del male, mentre forse – almeno in parte – è stato soprattutto un comodo alibi per ogni indagine irrisolta.
Credo che la verità forse non sarà mai accertata fino in fondo, anche perché alcune definizioni come destra, sinistra, fascismo ecc. si prestano ad interpretazioni controverse e a volte non accettate dagli stessi aderenti ai gruppi sovversivi che si autodefiniscono in termini diversi.
Ma non è una questione di semantica, è semmai tornare al punto di partenza: le persone fisiche condannate per l’attentato l’hanno o no personalmente commesso? Questo è il primo punto processuale sul quale non si dovrebbe poter più discutere ed essere dato per certo, e invece proprio su questo punto specifico – più che sulle “responsabilità morali” che possono starci dietro – qualche dubbio resta nella coscienza di tutte le persone che hanno conosciuto gli imputati o abbiano man mano cercato di approfondire le carte. Io stesso, avendo parlato personalmente e a lungo con la Mambro a Rebibbia quando ero parlamentare, questi dubbi li mantengo.
Non è che nella storia tutti i condannati siano stati i veri colpevoli, spesso solo dopo molti anni e scomparsi i diretti protagonisti è emersa la verità. Certamente sarebbe utile poter accedere a tutti gli atti ancora secretati, ma – anche al momento della loro de-secretazione – chi ci garantirà che non siano stati già preventivamente “ripuliti”?
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