28 anni dalla Strage di Capaci, un attentato che ancora oggi risuona nelle pagine di cronaca italiana e parla di perdite importanti per il nostro Paese. A morire quel giorno del 23 maggio del ’92 non solo il giudice Giovanni Falcone, ma anche la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Una decisione presa dai vertici di Cosa Nostra: Falcone doveva morire. Troppo scomodo il giudice siciliano che ha fatto della lotta alla mafia il baluardo della sua vita e carriera. Anche se l’attentato si sarebbe dovuto verificare nel febbraio dello stesso anno, a Roma, grazie ai mafiosi della provincia di Trapani e Brancaccio. E’ stato Totò Riina a richiamare i suoi uomini e a scegliere Giovanni Brusca per usare l’esplosivo che ha fatto saltare in aria Falcone. Niente è stato lasciato al caso: Brusca ha fatto una prova dell’esplosivo vicino ad Altofonte, poi fra aprile e maggio sono stati fatti dei sopralluoghi nella zona di Capaci. E poi quella telefonata fatta da Domenico Ganci a Giocacchino La Barbera e Battista Ferrante in cui si è confermata la partenza delle Fiat Croma della scorta di Falcone dall’aeroporto di Punta Raisi. Infine l’okay dato a Brusca nel momento stesso in cui il corteo blindato superava la collinetta sopra Capaci: è bastato premere un radiocomando per scatenare l’esplosione e strappare diverse vite.



STRAGE DI CAPACI 23 MAGGIO 1992, UN’INDAGINE ANCORA IN CORSO

La strage di Capaci continua ancora oggi ad essere oggetto di confessioni e rivelazioni da parte dei pentiti. L’ultima informazione è stata fornita da Pietro Riggio, che lo scorso ottobre ha parlato del coinvolgimento di un ex poliziotto nell’attentato. “Mi ha confidato di aver partecipato alla fase esecutiva della strage Falcone”, ha detto al pm di Caltanissetta, riferisce La Repubblica, “si sarebbe occupato del riempimento del canale di scolo dell’autostrada con l’esplosivo, operazione eseguita tramite l’utilizzo di skate-board”. Non è la prima volta che si parla dell’ipotesi di un doppio cantiere per la strage del ’92, anche se nelle sentenze si parla solo degli uomini dei clan appostati attorno all’autostrada di Capaci. “Fino ad oggi ho avuto paura di mettere a verbale certi argomenti, temevo ritorsioni per me e per la mia famiglia”, ha detto Riggio per giustificare il suo silenzio, “Ma, adesso, i tempi sono maturi perché si possano trattare certi argomenti”. Ipotesi ancora al vaglio degli inquirenti, oggetto di approfondimenti. “Li avete uccisi ma non vi siete accorti che erano semi”, titola invece il concorso indetto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dalla Fondazione Falcone, rivolto a tutti gli studenti di ogni età e classe. Una frase emblematica, scritta da qualcuno e appesa all’albero Falcone di Palermo. Un simbolo di rinascita per l’intero Paese e ancora oggi un punto di riferimento per i palermitani.

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