Durante la messa di Pentecoste un commando di uomini armati ha fatto irruzione in una chiesa cattolica di Owo, città nella parte sudoccidentale della Nigeria, provocando una strage. L’attentato terroristico nella parrocchia di San Francesco Saverio, avvenuto a colpi di arma da fuoco e probabilmente esplosivo, ha lasciato a terra senza vita almeno cinquanta persone, tra cui donne e bambini. La notizia del rapimento di un sacerdote e del vescovo, trapelata in un primo tempo, è stata smentita dalla stessa diocesi della città.



Il governatore della regione, il presidente della Nigeria e papa Francesco hanno subito espresso il cordoglio per le vittime e il grande dolore per l’ennesimo fatto di sangue che sconvolge il Paese africano. Dolore aggravato dal fatto che lo stato dell’Ondo, una delle trentasei circoscrizioni della Nigeria, era stato fino ad oggi relativamente immune da episodi del genere, che affliggono soprattutto la zona settentrionale del Paese, dove operano i famigerati terroristi islamici di Boko Haram.



Proprio la situazione del nord della Nigeria, con l’instabilità dovuta al terrorismo e anche l’avanzata della desertificazione causata dai cambiamenti climatici, starebbe dietro l’estendersi di episodi del genere a zone finora immuni. Sia organi d’informazione nigeriana, sia fonti ufficiali che soprattutto il tam-tam dei social indicano i pastori Fulani come mandanti, se non veri e propri esecutori, della strage. I Fulani sono un’etnia nomade di religione musulmana. La perdita di terreni fertili nel nord li spingerebbe a sud, dove si scontrerebbero con gli agricoltori stanziali. Di qui le rivalse, gli scontri, le stragi.



La questione della terra deve essere proprio una questione di vita o di morte, anche se questo non spiega l’assurdità di una strage compiuta in una chiesa, con i bambini e le loro madri come vittime. L’episodio va ovviamente inserito nell’endemica rivalità tribale, etnica e religiosa che sfocia sempre più spesso in episodi così efferati, allargando il campo con un raggio sempre più ampio e raggiungendo, come in questo caso, luoghi finora scampati alla barbarie.

Non è però così automatico comprendere perché colpire i fedeli durante una funzione religiosa e che frutto possa portare, se non l’esacerbarsi dell’odio. Forse la presenza cristiana è, in Nigeria, ciò che è sempre stata ovunque: un elemento di costruzione, di pacificazione e di civiltà che sa opporsi alle tenebre della violenza. Commovente l’appello del vescovo cattolico, a questo proposito, a non farsi giustizia ma a pregare per la pace. E forse anche per questo una presenza del genere deve essere colpita con più veemenza.

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