Era il 30 marzo 1952, un evento terribile rimosso dalla coscienza nazionale, ma non certo da chi ne rimase colpito. Quel giorno a Velletri, in località Colle Caldara, a sette anni dalla fine della seconda guerra mondiale, dieci bambini tra i 5 e i 16 anni che stavano giocando in un boschetto e raccogliendo rami per la domenica delle Palme che si sarebbe celebrata proprio quel giorno, finirono a loro insaputa su una mina, un residuato bellico probabilmente lasciato dai soldati tedeschi. Ci fu una esplosione terribile, morirono tutti dilaniati dalla bomba. Ancora oggi bombe come queste vengono ritrovate nelle nostre città, fortunatamente senza conseguenze, vengono fatte brillare dopo aver fatto allontanare la popolazione, segno della furia distruttiva che attraversò il nostro paese durante la guerra di liberazione portata avanti dalle truppe alleate dal sud al nord dell’Italia. Allora purtroppo in queste bombe ci si incappava per puro caso e certo dei bambini non potevano capire di cosa si trattasse, se mai fecero in tempo a capirlo.



Nel territorio di Velletri, come ha scritto in un approfondita ricostruzione degli eventi il giornalista Marco Di Stefano, la povertà “era ancora più dura da superare della guerra stessa”. Proprio nel disinnescare ordigni esplosivi molte persone avevano trovato una attività che permetteva loro di guadagnare qualche soldo. In questa zona tra la fine di  maggio e i primi giorni di giugno del 1944 si combatté la parte finale della battaglia di Velletri, tra le retroguardie tedesche e le forze attaccanti alleate. Mentre in paese si festeggia la ricorrenza religiosa, si ode una fortissima esplosione. Centinaia di persone accorrono sul posto: per un raggio di circa 200 metri, sono disseminati brandelli sanguinanti di corpi umani che le schegge di un proiettile hanno orribilmente dilaniato, “Non vi era traccia di un solo corpo intero”, riferiscono i testimoni. Una sola cosa appare certa, fin dall’inizio: si tratta di bimbi. Soltanto dopo tre ore si riesce a stabilire che i fanciulli miseramente periti sono almeno nove. Ivano, Moreno e  Leandro Petrella. rispettivamente di 13, 9 e 4 anni, i loro cuginetti Mario e Marcello Petrella, di 9 e 7 anni, e i fratelli Beniamino e Pierino Zaccagnini di 12 e 9 anni. Alfredo Borro di 9 anni. Orlando Bagaglini di 14 e Valter Fabrizi di 8 anni. Saranno per sempre ricordati come “i Bimbi di Colle Caldara”.



Nel 69esimo anniversario del fatto, Angelo Branduardi si è ricordato, solo lui, di questa strage, scrivendo un toccante post sui social: “I vestitini della Domenica rimasero impigliati alle querce”, così un giornale un po’ poeticamente e forse anche per abbozzare un po’ di decoro descrisse quella mattanza di bambini, angeli sacrificali per ricordarci che certe cicatrici possono ancora tornare a sanguinare. A Colle Caldara frazione di Velletri un gruppetto di dieci ragazzini cercavano forse dei rametti perché era la domenica delle Palme. Ma tutto finì in uno scoppio per un reperto bellico, una bomba dimenticata. Agnelli sacrificali per una Pasqua da lì a venire, un sacrificio per ricordarci (perché c’è sempre bisogno di ricordarcelo anche quando si festeggia la pace) di quanto una guerra può essere sporca. Erano 10 bambini, aspettavano di benedire le Paeme, speravano forse di poter mangiare delle uova di prezioso cioccolato (che non fosse il solito surrogato) per l’imminente Pasqua. O forse volevano solo giocavare”. Il consigliere regionale Daniele Ognibene, colpito da queste parole, ha invitato Branduardi l’anno prossimo alla 70esima commemorazione ringraziandolo per aver dato luce a “una ferita del mio territorio poco conosciuta a livello nazionale”.

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