L’ipotesi di revisione del processo per Olindo e Rosa, i coniugi Romano-Bazzi condannati all’ergastolo per la strage di Erba dell’11 dicembre 2006, infiamma le cronache. Un colpo di scena inaspettato, anche per la difesa della coppia, è arrivato con la recente iniziativa del sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser: il magistrato, anticipando le mosse dei legali di Olindo e Rosa prossimi a presentare la loro istanza per riaprire il caso, ha depositato un atto, convinto dell’innnocenza di marito e moglie, per sollecitare la revisione. Il documento di 58 pagine è ora al vaglio della Procura generale (l’iter prevederebbe che arrivi alla Corte d’Appello di Brescia, competente sulla questione, ma non è scontato perché la trasmissione potrebbe essere bloccata all’esito della valutazione di procuratore generale e avvocato generale), ma tanto basta a irrobustire le speranze dei coniugi in cella da 17 anni.



Tra le criticità su cui si concentra il sostituto pg c’è una delle tre prove pilastro dell’accusa e della sentenza definitiva a carico di Olindo e Rosa: la macchia di sangue sul battitacco dell’auto dell’uomo, appartenente alla vittima Valeria Cherubini – uccisa quella notte con Raffaella Castagna, Youssef Marzouk e Paola Galli -, che fu considerata una delle pietre miliari della loro colpevolezza unitamente al riconoscimento fatto dall’unico sopravvissuto, Mario Frigerio (marito di Cherubini che indicò in Olindo Romano il suo aggressore) e alle confessioni dei coniugi (arrivate dopo l’iniziale dichiarazione di estraneità ai fatti e poi definitivamente ritrattate da entrambi). La trasmissione Quarto Grado torna sul caso della strage di Erba con una ricostruzione delle parole spese dalla coppia il 10 gennaio 2007 per attribuirsi la responsabilità del massacro (secondo il pool difensivo e il sostituto pg, però, si trattò di “false confessioni acquiescenti” indotte in sede di interrogatorio) e con un focus sulla presunta pista alternativa – l’ipotesi di un regolamento di conti nell’ambito dello spaccio di stupefacenti – avanzata dalla difesa.



Strage di Erba, il sostituto pg sulla macchia di sangue nell’auto di Olindo e Rosa: “Prova che trasuda criticità”

L’accusa e la condanna definitiva all’ergastolo a carico di Olindo Romano e di sua moglie, Rosa Bazzi, si fondano sostanzialmente sui tre elementi predetti, che furono ritenuti dai giudici prove granitiche della loro colpevolezza in merito all’orrore consumato nella corte di via Diaz l’11 dicembre 2006. I coniugi sono in cella da 17 anni e l’esito processuale li ha visti inchiodati al profilo dei soli responsabili della strage di Erba, ma continuano a dirsi innocenti e “incastrati” da un sistema – ha ribadito Olindo pochi mesi fa – che avrebbe sacrificato due persone “non sveglissime” come loro pur di chiudere il caso. Della loro estraneità al massacro è convinta non solo la difesa, ma una delle figure di maggior rilievo tra le aule della Procura generale di Milano, cioè il sostitito pg Cuno Tarfusser.



Secondo quest’ultimo, che lo ha scritto nero su bianco nell’atto di richiesta di revisione del processo depositato poche settimane fa, la macchia di sangue di Valeria Cherubini trovata sul battitacco dell’auto di Olindo Romano sarebbe una “prova che trasuda criticità“. Si tratta di una traccia importantissima nell’architettura dell’impianto accusatorio, il secondo elemento che portò al fermo dei coniugi dopo la testimonianza di Mario Frigerio. Per il sostituto pg, però, la genesi del rinvenimento di quella traccia ematica sarebbe “strana”. Lo sostiene anche la difesa, come ricordato dall’avvocato Fabio Schembri nel format Crimini e Criminologia su Cusano Italia Tv: “Quello è sangue. È una traccia molto cospicua secondo il consulente del pm, di circa 2 centimetri, le sentenze dicono che era assolutamente nitida, pura. Le nuove prove però attestano che non vi fu alcun tipo di repertazione di quella traccia ematica che sarebbe stata rinvenuta sul battitacco. C’è soltanto una fotografia, dove non si vede la macchia, con un cerchietto rosso, fatta alla luce quindi con l’impossibilità di catturare l’eventuale luminescenza. In virtù di quell’operazione che venne fatta, la traccia anziché essere molto cospicua avrebbe dovuto essere degradata, diluita a seguito dell’aspersione del Luminol. C’è una assoluta inconciliabilità con le operazioni che vennero fatte e descritte dal brigadiere che fece la presunta repertazione e la traccia ematica che invece venne analizzata. La prova scientifica ci dice che quella esaminata è assolutamente inconciliabile con la presunta traccia repertata“.

Secondo il sostituto pg, le attività di ispezione, repertazione, verbalizzazione e trasmissione avvengono “in tempi e con modalità a dir poco non trasparenti e non tracciabili” e “con stupefacente superficialità“. Il dubbio sottolineato da Tarfusser, 17 anni dopo la strage di Erba, è che il reperto di sangue analizzato – indiscutibilmente riconducibile a Valeria Cherubini – potrebbe noon essere lo stesso prelevato dal brigadiere il 26 dicembre 2006, alle ore 23:00 sul battitacco dell’autovettura di Olindo Romano. Le criticità chiave in merito alla macchia di sangue, conclude il magistrato, non sarebbero mai state valutate dalle Corti di merito in primo e secondo grado di giudizio perché mai, a processo, ne sarebbe stata messa in dubbio l’origine e la chain of custody (catena di custodia) dal momento del suo repertamento.