La strage di Erba è impressa nella cronaca nera italiana come una delle vicende più sconvolgenti mai registrate. Una data indelebile, l’11 dicembre 2006, un incendio nel cuore di una zona residenziale tranquilla della provincia di Como, in un appartamento di via Diaz, quattro vittime massacrate a coltellate e un solo sopravvissuto, scampato alla morte grazie a una malformazione congenita. Due condannati all’ergastolo, Olindo Romano e Rosa Bazzi, coniugi dal profilo degli insospettabili e vicini di casa di coloro che, secondo quanto emerso nei tre gradi di giudizio a carico della coppia, avrebbero assassinato senza pietà.



Il caso della strage di Erba, in tv sul Nove stasera nello speciale intitolato Erba – Storia di un massacro, non si è esaurito con la sentenza in via definitiva emessa nei confronti dei due unici imputati degli omicidi. Negli anni, la bagarre tra colpevolisti e innocentisti ha fatto capolino tra le pagine di nera senza conoscere battuta d’arresto e un uomo, Azouz Marzouk, a trainare il carro di chi ritiene Olindo Romano e Rosa Bazzi innocenti e al centro di un clamoroso errore giudiziario. Lui è il marito, padre e genero di tre delle quattro vittime della strage di Erba, inizialmente additato come presunto assassino e sbattuto davanti alle telecamere dei tg come “mostro” che avrebbe sterminato la famiglia. Soltanto una prova schiacciante a sua discolpa lo ha estromesso dal fuoco investigativo: Azouz Marzouk, al momento in cui si consumava la strage di Erba, si trovava nel suo Paese, la Tunisia. Un alibi d’acciaio.



La storia della strage di Erba: il massacro di via Diaz che sconvolse l’Italia

11 settembre 2006, è sera a Erba (Como) e i Vigili del fuoco vengono allertati per un incendio in un appartamento all’interno della corte di via Diaz. L’intervento apre a una scena totalmente diversa: non si tratta di un semplice rogo accidentale, ma di fiamme appiccate per distruggere le tracce su una scena del crimine dai lineamenti agghiaccianti. È un massacro che resterà impresso nella storia della cronaca italiana come la strage di Erba. Nella casa i cadaveri di tre persone brutalmente assassinate a coltellate e colpi di spranga: sono Raffaella Castagna, 30enne proprietaria dell’appartamento, suo figlio Youssef Marzouk, 2 anni, e la madre della donna, Paola Galli, 60 anni. Al piano di sopra, a casa Frigerio, la vicina di casa Valeria Cherubini, 55 anni, giace a terra con terribili ferite. Anche lei uccisa senza pietà. E poi c’è Mario Frigerio, marito di quest’ultima sceso di sotto per verificare il motivo di tutto quel fumo e colpito anch’egli con un’arma da taglio alla gola proprio sul pianerottolo. Sarà l’unico sopravvissuto alla mattanza: una malformazione alla carotide impedisce che il fendente lo ammazzi. E sarà l’unico testimone a inchiodare il nome di Olindo Romano, un altro vicino di via Diaz, al profilo del killer in azione in quella violentissima scena del crimine.



E sullo stesso Olindo Romano, un netturbino sposato e senza figli, poche ore dopo la strage si posa l’attenzione degli inquirenti per alcuni strani comportamenti tenuti insieme alla moglie, Rosa Bazzi, ex donna delle pulizie con cui ha un legame simbiotico. I coniugi Romano-Bazzi sono i sospettati principali dopo che la posizione di Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef, esce dal fuoco delle indagini: non è lui, tunisino con precedenti per droga, l’assassino della sua famiglia. Sbattuto sui titoli dei giornali e dei tg come presunto killer di moglie, figlioletto e suocera, Azouz Marzouk esce velocemente dal cono dei sospetti: al momento del massacro è in Tunisia. Tra le ipotesi sulla strage di Erba inizialmente al vaglio, poi scartata in favore di una ricostruzione che rimanda a una lunga scia di liti condominiali sfociate in un bagno di sangue, anche quella di una vendetta ai danni di Marzouk per presunti affari loschi con persone senza scrupoli. Una pista che sfuma e lascia in campo soltanto loro: Olindo e Rosa.

La condanna di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba

Intorno alla condanna di Olindo Romano e Rosa Bazzi quali esecutori della strage di Erba si avvicendano da anni i pareri di innocentisti e colpevolisti. La certezza è che la giustizia italiana, all’esito di tre gradi di giudizio, li ha riconosciuti responsabili del massacro di via Diaz e ha inflitto loro l’ergastolo in via definitiva. A pesare come macigni sulla loro posizione di indagati prima, di imputati poi, sarebbero stati parecchi elementi: le pregresse liti condominiali con Raffaella Castagna e Azouz Marzouk, lo scontrino di un locale esibito agli inquirenti da Rosa Bazzi – senza che le venisse richiesto – nell’immediatezza della strage come a “mettere le mani avanti” e costrurisi un alibi che la localizzasse lontano dalla scena in costanza del massacro, una macchia “di sangue”, sostiene l’accusa, di Valeria Cherubini sul battitacco dell’auto di Olindo Romano (che la difesa avrebbe ritenuto essere da contaminazione in sede di rilievi degli inquirenti), le confessioni.

Olindo Romano e Rosa Bazzi oggi dicono di essere innocenti e lo hanno ribadito ai microfoni de Le Iene durante un’intervista esclusiva, ma all’epoca si sono detti colpevoli – attribuendosi ciascuno il massimo delle responsabilità della strage di Erba per salvare l’altro – rendendo piena confessione davanti agli inquirenti. Secondo la difesa, si sarebbe trattato di dichiarazioni non rispondenti al vero e in qualche modo “pilotate” perché quella strage no, non poteva avere una svolta tardiva sul piano investigativo.

Al centro delle presunte ombre avanzate intorno alla vicenda dai difensori, anche la testimonianza dell’unico sopravvissuto, Mario Frigerio, che inizialmente, dal letto d’ospedale in cui si trovava per le ferite riportate, avrebbe parlato della presenza di un uomo di carnagione olivastra in azione sulla scena. Qualcuno mai visto in precedenza da quelle parti. Un racconto, quello del Frigerio, che nel corso di un successivo interrogatorio avrebbe virato sull’identificazione di Olindo Romano, il vicino di casa taciturno e dalla quotidianità insospettabile, cristallizzando una versione che a processo avrebbe costituito una delle colonne portanti dell’accusa. Per i difensori della coppia, si sarebbe trattato di un “falso ricordo” indotto da alcune domande dei carabinieri a Frigerio mentre era ancora ricoverato. Ancora oggi, a distanza di 16 anni dalla strage di Erba in cui perse sua moglie, il figlio e la suocera, Azouz Marzouk fa eco alla voce dei due condannati sostenendone l’estraneità al massacro. A suo dire, l’assassino o gli assassini sarebbero ancora a piede libero, ombre sullo sfondo di un caso che continua a far discutere.