Tra le coordinate chiave seguite dalla difesa di Rosa Bazzi e Olindo Romano nel complesso percorso della revisione del processo sulla strage di Erba, un posto in prima linea lo occupa la dinamica dell’ultimo omicidio, quello della vicina di casa Valeria Cherubini. Il marito della donna, Mario Frigerio, scampò per miracolo alla morte diventando supertestimone dell’accusa e, secondo i legali della coppia, fu vittima di una “manipolazione” del ricordo che lo avrebbe spinto a cristallizzare una falsa memoria con il riconoscimento dell’imputato quale autore della mattanza.
La ricostruzione del delitto della donna è uno dei nodi cruciali su cui poggia l’impianto delle nuove prove prodotte dai consulenti dei coniugi condannati all’ergastolo per il massacro, e si presenta come punto potenzialmente dirimente: secondo la tesi difensiva, infatti, Valeria Cherubini sarebbe stata uccisa a casa sua, al piano superiore rispetto a quello in cui le sentenze sostengono si siano consumati tutti gli omicidi e il ferimento del marito. Se questo scenario venisse confermato, Rosa Bazzi e Olindo Romano non potrebbero essere gli assassini in quanto, scendendo dalle scale dopo aver colpito la donna nel suo appartamento, sarebbero stati certamente visti dai primi soccorritori intervenuti che la sentirono gridare “Aiuto, aiuto“. L’avvocato Fabio Schembri, parte del pool che assiste gli imputati, ha spiegato ai microfoni di Iceberg il quadro di elementi che porta a ritenere verosimile questa ipotesi.
L’omicidio di Valeria Cherubini e l’esame Bpa sulle tende
Dov’è stata uccisa Valeria Cherubini? L’interrogativo assume un rilievo centrale perché, nonostante le sentenze sulla strage di Erba dicano che l’aggressione è avvenuta sul pianerottolo di sotto, per la difesa dei Romano-Bazzi la moglie di Mario Frigerio fu finita nel suo appartamento, la mansarda della palazzina della corte di via Diaz, dai killer che prima avevano assassinato Raffaella Castagna, il figlio Youssef, la madre della donna, Paola Galli, e ferito gravemente Mario Frigerio. Lo stesso medico legale che condusse le autopsie, Giovanni Scola, intervistato dal giornalista Riccardo Bocca sulla dinamica dell’ultimo delitto, ha dichiarato che la vittima Valeria Cherubini sarebbe stata attinta mentre saliva le scale fino al piano superiore, per essere poi finita vicino alla porta finestra.
Una descrizione che ora fa parte delle “nuove prove” portate dal collegio difensivo davanti alla Corte d’Appello di Brescia per tentare di scardinare le condanne. A provare anzitutto questa dinamica sarebbe l’assenza di sangue della donna, se non 13 piccole gocce sui gradini, là dove tre gradi di giudizio localizzarono la sua uccisione e dove, alla luce della brutalità con la quale è stata assassinata, si sarebbe dovuto trovare un “lago” dovuto alle numerose ferite. Inoltre, come sottolineato dal legale Schembri, Valeria Cherubini lo avrebbe perso nella sua abitazione, dove si notano copiose tracce a terra e non solo: il perlinato, il soffitto, le tende sotto le quali fu rinvenuto il suo corpo mostrano evidenti macchie ed è su questo ultimo reperto, distrutto insieme ad altri e quindi non più materialmente esaminabile, che si concentra parte dell’attenzione dei difensori. Elemento che Schembri definisce “molto preoccupante per il giudicato” in quanto potenzialmente capace di farlo vacillare fino al crollo definitivo della verità processuale sigillata in Cassazione nel 2011. Approfondimenti sulle foto della scena in casa Frigerio, infatti, avrebbero permesso agli specialisti incaricati dai legali di apprezzare con nitidezza chiazze e “schizzi” sulla tenda che dimostrerebbero una proiezione di materiale ematico che appare giustificabile soltanto in costanza di un’azione omicidiaria avvenuta in quel punto della casa. Non si tratterebbe soltanto di evidenze da contatto, ma da schizzo e ciò documenterebbe che la vittima sarebbe stata colpita proprio lì. A tal proposito, la difesa si è avvalsa della Bpa, la “Bloodstain pattern analysis” che studia localizzazione, traiettoria e morfologia del deposito del sangue sulle scene di crimini violenti per stabilire origine e dinamiche delle azioni che hanno causato il sanguinamento.