Il riconoscimento di Olindo Romano quale suo aggressore da parte di Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla strage di Erba dell’11 dicembre 2006, è uno dei nodi cruciali su cui si gioca la partita per la revisione del processo portata avanti dalla difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi condannati in via definitiva all’ergastolo per il massacro e sulla cui posizione pendono anche le istanze di riapertura del caso proposte dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser e dal loro tutore, Diego Soddu, convinti che siano vittime di un errore giudiziario. Delle loro richieste si discute presso la Corte d’Appello di Brescia dal 1° marzo scorso, giorno della prima udienza a seguito della citazione a giudizio della coppia, tornata in un’aula di tribunale, a quasi 18 anni dal massacro, con la speranza di demolire la sentenza che l’ha inchiodata al fine pena mai. Il prossimo appuntamento è per il 16 aprile, quando a parlare sarà il collegio difensivo, ma nel frattempo emergono elementi che sembrano andare contro la ricostruzione ufficiale proprio in merito alle informazioni rese dal supertestimone a margine della mattanza.
Secondo l’accusa, Frigerio, avrebbe nitidamente identificato il vicino di casa quale suo assalitore e durante il suo ricovero avrebbe fatto il nome di Olindo Romano davanti ai pm il 26 dicembre 2006. 6 giorni dopo il colloquio con il luogotenente Luciano Gallorini, allora comandante della Stazione Carabinieri di Erba, nel quale il militare gli avrebbe ripetuto per 9 volte quel nome con l’effetto, a dire della difesa, di innestare nella memoria traballante del teste un falso ricordo (in prima battuta, Frigerio parlò di un aggressore sconosciuto, non del posto e dalla carnagione olivastra sostenendo di non ricordare altro). Le Iene, attraverso l’inchiesta di Antonino Monteleone, hanno parlato con lo psichiatra che seguì Mario Frigerio durante il ricovero, Claudio Cetti, e le sue dichiarazioni hanno il sapore di un potenziale terremoto che potrebbe riscrivere la storia di quella testimonianza e sostenere, di fatto, quanto da sempre asserito dalla difesa dei Romano-Bazzi: Frigerio non era attendibile quando, in quei giorni di dicembre, veniva sentito dagli inquirenti a caccia di elementi per trovare gli assassini. Cetti infatti è sicuro: il supertestimone scampato alla strage non fece mai il nome di Olindo Romano in sua presenza, né all’inizio dei suoi colloqui con gli investigatori né successivamente quando, dal 27 dicembre 2006, prese ufficialmente in carico il paziente.
Strage di Erba, per l’accusa Frigerio riconobbe subito Olindo Romano
Il dottor Claudio Cetti, medico psichiatra che valutò Mario Frigerio durante la sua degenza dopo la strage di Erba, ha rilasciato delle dichiarazioni a Le Iene sui giorni del ricovero del supertestimone del massacro. Frigerio fu il principale accusatore di Olindo Romano e Rosa Bazzi e in aula si mostrò sicuro nell’indicarli quali “delinquenti” e autori della mattanza in cui perse la moglie, Valeria Cherubini, assassinata con Raffaella Castagna, il figlio di quest’ultima, Youssef Marzouk, e la nonna del bimbo, Paola Galli. L’8 gennaio 2007, Cetti scrisse nella sua relazione che la memoria del sopravvissuto era “ben conservata” e priva di alterazioni tali da inficiare l’attendibilità della sua versione dei fatti.
Lo psichiatra sarebbe stato presente anche al colloquio tra Frigerio e il magistrato Simone Pizzotti del 15 dicembre 2006, quando Frigerio disse che ad aggredirlo era stato un soggetto olivastro e mai visto. Si tratta di una data centrale nell’alveo del processo di revisione perché l’accusa sostiene che già in quella occasione il supertestimone avesse fatto il nome di Romano (una rivelazione che sarebbe sfuggita, non si sa come, agli inquirenti che in quel momento lo stavano ascoltando). “Il povero Frigerio – ha detto con forza l’avvocato generale dello Stato a Brescia, Domenico Chiaro – dice subito ‘Per me è stato Olindo’, lo dice due volte e forse anche tre, Pizzotti non ha sentito“. Che Frigerio avesse riconosciuto subito Romano, addirittura già dal 15 dicembre 2006 e quindi prima del colloquio con il luogotenente Gallorini (in cui il carabiniere gli avrebbe fatto 9 volte il nome del vicino di casa, secondo la difesa inducendolo a un falso ricordo), nel famoso audio che per l’accusa, in primo grado, riportava la frase “È stato Olindo” (poi in appello stralciato perché viziato da una manipolazione involontaria con il programma per l’ascolto che, accelerando la riproduzione dell’intercettazione, avrebbe modificato il più verosimile e coerente contenuto, come certificato in secondo grado, “È stato uscendo”), è un dato smentito anzitutto dallo stesso supertestimone durante il processo: “Quando lei è stato sentito le prime volte, come mai non ha indicato da subito il nome di Olindo Romano?” A questa domanda del pm Massimo Astori, in aula, Frigerio rispose così: “Non lo so, si vede che in quel momento non volevo capire”, di fatto sostenendo di non aver detto subito che ad aggredirlo era stato il vicino di casa, a lui ben noto, perché non voleva credere che potesse fare una cosa simile.
Strage di Erba, lo psichiatra su Frigerio: “Mi disse di aver visto la moglie forse morta per terra”
A smentire ulteriormente la ricostruzione fatta in aula a Brescia da Chiaro, secondo la quale Frigerio avrebbe riconosciuto il vicino di casa Romano già il 15 dicembre 2006 senza essere però sentito dal pm Simone Pizzotti, sarebbe anche la testimonianza di Cetti a Le Iene. Lo psichiatra sarebbe stato presente a quel colloquio, ricostruisce Antonino Monteleone, e nemmeno lui avrebbe sentito il nome “Olindo” durante tutto il colloquio. “Non mi ha mai detto chi fosse l’autore della strage, assolutamente no“, ha dichiarato Cetti alla trasmissione. Non solo: non glielo avrebbe fatto nemmeno nei giorni seguenti. Negli incontri con lo psichiatra in ospedale, Frigerio avrebbe parlato a Cetti delle “sue cose”, ma non di chi poteva essere il responsabile. “Non so perché, è strano anche questo“, ha aggiunto il medico. “Non mi ha detto nulla di tutto ciò, può essere che in quel momento lì non ricordava, poi pian piano…“.
Cetti avrebbe preso in terapia Mario Frigerio dal 27 dicembre 2006, cioè dal giorno successivo a quello in cui i magistrati avrebbero detto di aver sentito per la prima volta, dalla voce del supertestimone, il nome di Olindo Romano. “Con me non ha mai parlato di chi fosse l’aggressore – ha precisato Cetti –. Lui stava molto male, quando l’ho visto stava male, da 1 a 100, 95. Che validità si poteva dare ai suoi ricordi? È una domanda da un milione di dollari, chiaramente non era il momento in cui la sua capacità di ricordo funzionava meglio. Se una persona ha avuto dei gravi problemi, quello che dice va preso con grande prudenza. Frigerio era attendibile quando ho fatto la relazione (l’8 gennaio 2007, ndr), il 27 dicembre non avrei scritto la stessa cosa“. Secondo la difesa dei coniugi condannati per la strage di Erba, Frigerio era un soggetto “tecnicamente inidoneo a rendere testimonianza“ per via della intossicazione subita durante l’incendio dell’appartamento di Raffaella Castagna. A Le Iene, Cetti ha dichiarato che il supertestimone “aveva dei ricordi un po’ confusi e poi si è fatta largo una situazione di maggior limpidezza. Ovviamente si poteva studiare in maniera più approfondita l’attendibilità. Cosa che non è stata fatta perché lui quando parla al processo non è una persona con delle alterazioni“. Infine lo specialista ha rivelato alla trasmissione di Italia 1 un particolare inedito relativo a ciò che Frigerio gli avrebbe detto durante il ricovero: “Mi ha raccontato della moglie, di quando l’ha forse vista morta, per terra. Si ricordava perfettamente che la moglie non c’era più. Non è che fosse obnubilato o confuso“. Il corpo di Valeria Cherubini, però, fu trovato al piano di sopra nella loro mansarda mentre lui giaceva a terra sul pianerottolo di sotto, colpito da un fendente alla gola da cui scampò per miracolo per una malformazione alla carotide.