L’ex comandante dei carabinieri di Erba Luciano Gallorini rompe il silenzio sulla strage del 2006. Sempre schivo e silenzioso con i giornalisti, ha deciso di parlare della strage di Erba a Quarto Grado, partendo dall’arresto dei coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo. «Io non conosco l’inferno, ma sicuramente quella sera noi abbiamo vissuto l’anticamera dell’inferno. Acqua, fuoco, fuliggine, odore di carne umana, di sangue. Il sangue bruciato, solo chi lo ha avuto nel naso può ricordarselo», racconta uno degli ufficiali che si è occupato delle indagini. «La situazione era apocalittica. Trovai il primo cadavere di una donna, entrai nell’appartamento e trovai il cadavere di un’altra donna. In un altro locale un bambino sgozzato. Poi si scoprì che c’era un ulteriore cadavere, quello di Valeria Cherubini», aggiunge Gallorini ai microfoni del programma di Rete 4.



Il primo pensiero andò su Azouz Marzouk, visto che era stata colpita la sua famiglia nella strage di Erba, mentre lui era assente. «Accertammo che i vicini di casa della signora Castagna erano stati denunciati per delle liti da cui erano scaturite lesioni e minacce tra la famiglia Castagna e i coniugi». Pochi giorni dopo ci sarebbe stato, infatti, un dibattimento. Per questo motivo, ricorda Luciano Gallorini, chiese al maresciallo di fare un salto a casa di Olindo Romano e Rosa Bazzi per un controllo. «Mi disse che c’era una situazione strana, perché avevano aperto la porta dicendo che stavano dormendo e senza che fosse stato chiesto nulla consegnarono uno scontrino, inoltre la signora aveva un dito incerottato».



L’ARRESTO DI OLINDO ROMANO E ROSA BAZZI

Luciano Gallorini, allora comandante dei carabinieri di Erba, si presentò allora a casa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, constatando che l’uomo aveva ecchimosi a un braccio e a un dito, mentre la lavatrice era in funzione. A proposito della perquisizione nell’auto dei coniugi, ammette: «Credo che sia stato l’unico errore: il carabiniere Moschella non fu messo nel verbale». Invece, a proposito del tetto, racconta di esserci salito lui stesso e di non aver riscontrato nulla. In merito all’arresto della coppia, Gallorini riconosce che fu ideato un escamotage per convincerli a recarsi in caserma.



Infatti, fu suggerito loro di andare lì per capire il da farsi, visto che erano “inseguiti” dai giornalisti. «Effettivamente li abbiamo ingannati un po’, per fortuna, perché poi ho letto che se avesse saputo che li avremmo fermati, ci avrebbe ammazzati ed è probabile, perché Olindo era molto forte». Ma nell’intervista a Quarto Grado, l’ex comandante dei carabinieri di Erba si sfoga in merito alle critiche che ha ricevuto negli anni, in particolare dalla difesa dei coniugi: «Inspiegabilmente purtroppo negli ultimi anni sulla mia persona e man mano in maniera sempre più grave sono state dette delle falsità. Per molto meno gente si è ammazzata».

LE ACCUSE SULLA TESTIMONIANZA DI MARIO FRIGERIO

Luciano Gallorini è stato accusato dal legale di Olindo Romano e Rosa Bazzi di aver “pressato” con le sue domande il super testimone Mario Frigerio, il quale non avrebbe fatto il nome del primo. Cos’è successo quel 20 dicembre in ospedale, dove era ricoverato Frigerio? L’ex comandante dei carabinieri di Erba smentisce l’accusa di non essere stato autorizzato per presentarsi da Frigerio: «Nel corso del sopralluogo fatto nella palazzina avevamo sequestrato del materiale. Dovevamo dare identità e spiegazione a questo materiale, poi abbiamo chiesto di poter parlare con l’unico sopravvissuto (alla strage di Erba, ndr) al fine di cercare di ricostruire, questa possibilità fu prospettata ai magistrati». Uno del pool gli disse che poteva andare a fare un colloquio investigativo con Frigerio ed era consapevole che il testimone era intercettato.

Quindi, informò il suo comandante di compagnia e il responsabile operativo, che lo accompagnarono. «Tutto quello che avveniva all’interno era registrato. Io fui delegato dai due ufficiali. C’erano anche i figli di Frigerio». Luciano Gallorini si pose il problema di far sentire bene la voce, visto che era attaccato alle macchine: «Per questo dissi che avrei ripetuto le parole di Frigerio». In merito alla domanda sui vicini, l’ex comandante dei carabinieri di Erba spiega che fu Mario Frigerio a chiedere il motivo della domanda su Olindo Romano. «Lui piangendo disse che il suo assassino poteva essere lui. La cosa sorprese tutti. A quel punto non potevamo andare avanti, la cosa era troppo delicato e fermammo il colloquio investigativo». Pertanto, Luciano Gallorini smentisce di aver “condotto” Mario Frigerio sulla pista di Olindo Romano.