La macchia di sangue che contribuì a inchiodare Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba è al centro di una rovente battaglia della difesa per tentare di smontare il giudicato. I coniugi, all’ergastolo in via definitiva, sono attesi il 1° marzo prossimo per la revisione del processo in Corte d’Appello a Brescia e quell’unica “prova scientifica” che l’accusa rilevò a carico della coppia è oggetto di aspra contestazione da parte dei legali e dei consulenti di parte. A nutrire dubbi addirittura sulla sua esistenza è il sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, che per primo ha depositato istanza di riapertura del processo nella convinzione che i Romano-Bazzi siano vittime di un errore giudiziario.
La traccia ematica in questione fu isolata dall’allora brigadiere del Nucleo di Como, Carlo Fadda, il 26 dicembre 2011, 15 giorni dopo il massacro, e “verbalizzata” soltanto due giorni più tardi nonostante la natura urgente dell’accertamento richiesto. È anche su questo punto che il collegio difensivo preme per sostenere che tutto, dalla repertazione alla documentazione delle attività condotte sul veicolo (in particolare le fotografie scattate alla luce e non al buio come invece necessario per evidenziare la luminescenza delle tracce), sia privo dei crismi necessari a formare una prova “regina” che possa essere ritenuta ammissibile in un dibattimento. Uno degli avvocati di Rosa e Olindo, Fabio Schembri, è intervenuto poche ore fa sul nodo della macchia di sangue insieme al sostituto pg Tarfusser, durante un approfondimento del canale Nerocrime alla mostra Serial Killer Exhibition del 27 gennaio scorso, e ha rinnovato i suoi dubbi sull’operato dell’ex brigadiere Fadda.
L’avvocato di Rosa e Olindo sulla macchia di sangue della strage di Erba: “Fadda spieghi cosa ha visto”
L’avvocato di Rosa e Olindo sostiene che “ora è giunto il momento che Fadda spieghi cosa ha visto, se ha visto” la notte in cui repertò la macchia di sangue che ha contribuito a inchiodare la coppia. Secondo la difesa, la mancata documentazione della traccia ematica costituisce una criticità insuperabile che inficia l’ammissibilità della stessa quale prova scientifica a carico dei coniugi.
“Colui che avrebbe repertato la traccia poi esaminata dal dottor Previderé, ha fatto solo e soltanto delle foto alla luce. Io mi chiedo come possa aver visto una traccia invisibile visto che non solo non ha documentato nulla, ma addirittura le foto sono tutte alla luce. Quello che viene documentato è una ispezione generica della traccia ematica, oltetutto non ci sono né numeri né lettere né righello, un verbale fatto due giorni dopo e non firmato. La targa dell’auto sbagliata, tutto sbagliato. Il problema è se non hai fotografato, non hai repertato, il verbale lo hai fatto due giorni dopo, ma come hai fatto a vedere una traccia invisibile? Non ci sono numerini e lettere, se è invisibile, quantomeno due giorni dopo per ricordarti dove l’hai vista dovresti avere una fotografia con quegli elementi e con la luminescenza. O almeno una foto al buio. Previderé ha analizzato una traccia ‘purissima’, ma non c’è corrispondenza tra quanto dichiarato dal brigadiere che avrebbe rilevato quella traccia fantasma sul longarone, che lui dice essere ‘degradatissima‘ e quindi lavata, e ciò che dice Previderé parlando di una traccia purissima”.
Strage di Erba, Tarfusser sulla macchia di sangue: “Dubbi sulla sua esistenza”
L’avvocato Fabio Schembri parla di una “traccia fantasma” dal momento che, come sottolineato dalla difesa di Rosa e Olindo da anni, la macchia di sangue che sarebbe stata trovata sul battitacco dell’auto di Romano, attribuita alla vittima Valeria Cherubini, non è documentata. Non c’è una sola foto che dimostri la presenza di quella traccia nella sede in cui colui che la repertò, l’allora brigadiere Carlo Fadda (all’epoca in servizio al Nucleo operativo di Como), non ne evidenziò la grandezza e la localizzazione attraverso foto al buio che provassero la reazione in luminescenza dopo l’aspersione del luminol. Per Tarfusser, il sostituto pg di Milano che chiede con forza la revisione del processo sulla strage di Erba, quella macchia di sangue potrebbe addirittura non esistere.
“Ho dei dubbi che questa traccia esista, questo l’ho anche scritto – ha dichiarato Cuno Tarfusser -, manca completamente quello che in diritto anglosassone si chiama ‘chain of custody’, cioè la catena di custodia. Noi non sappiamo, se non facendo un atto di fede, perché non abbiamo nessun tipo di documentazione, se quella notte di 15 giorni dopo, sul longarone della macchina di Olindo Romano sia stata effettivamente trovata una traccia ematica. Non sappiamo se quella ‘cosa’ che sarebbe stata rinvenuta sul longarone sia esattamente quella ‘cosa’ che poi, a Parma, è stata analizzata all’Istituto di Medicina legale. Non ho alcuna certezza. So solo che dal consulente tecnico è stata analizzata una traccia di sangue della signora Cherubini. Punto. Da dove questa traccia proviene, chi l’ha portata, dove è stata prelevata, non so nulla. Lo so solo se faccio un atto di fede. Non ho nessun tipo di garanzia sulla catena di custodia, questa catena non esiste e per questo quella traccia non ha nessun valore, non è una prova di nulla“.