La strage di Erba fu commessa da Rosa Bazzi e Olindo Romano per un movente legato alle liti di vicinato e al loro desiderio di disfarsi per sempre della “minaccia” che Raffaella Castagna avrebbe rappresentato per la loro tranquillità nel palazzo di via Diaz dove la sera dell’11 dicembre 2006 scoppiò l’inferno. È questo l’esito del processo concluso nel 2011 con la condanna definitiva all’ergastolo a carico della coppia. Secondo la difesa dei coniugi, però, le indagini dell’epoca trascurarono un mosaico di piste alternative che avrebbero potuto restituire un’altra verità alla storia.



Tra queste, una è la colonna portante dell’istanza di revisione del processo presentata dai difensori dei due condannati e attualmente in discussione davanti alla Corte d’appello di Brescia: l’ipotesi di una vendetta trasversale maturata nel contesto della faida tra gruppi criminali rivali, in particolare marocchini e tunisini (a quest’ultimo avrebbero afferito soggetti vicini ad Azouz Marzouk, padre e marito di due delle vittime)  per il controllo della piazza di spaccio a Erba. Nel ventaglio di piste alternative, quella dell’attrito familiare tra Raffaella Castagna – uccisa quella notte con il figlioletto di 2 anni Youssef, la madre Paola Galli e la vicina Valeria Cherubini – e i fratelli Beppe e Pietro Castagna per questioni di eredità. Uno scenario, quest’ultimo, sondato dai carabinieri allora guidati dal comandante Luciano Gallorini e rivelatosi privo di ogni riscontro.



Strage di Erba, la ‘ndrangheta e la droga tra le piste alternative dietro il massacro

Secondo la difesa di Rosa Bazzi e Olindo Romano, come portato all’attenzione dei giudici di Brescia nell’istanza di revisione del processo sulla strage di Erba, dietro il massacro potrebbe celarsi il traffico di stupefacenti e, in particolare, una vendetta nei confronti di Azouz Marzouk da parte di un gruppo di spacciatori per il controllo del “mercato” locale. La pista della droga sarebbe centrale e supportata da testimonianze che all’epoca non sarebbero state vagliate, ma lo stesso marito di Raffaella Castagna nega con forza questo binario sostenendo di non aver mai avuto problemi del genere e che non sussistano elementi per ritenere verosimile un quadro di questo tipo dietro la mattanza.



A rilanciare la tesi ci fu anche una misteriosa telefonata giunta a uno dei legali difensori, Luisa Bordeaux, nel dicembre 2008, quasi due anni dopo l’arresto della coppia. A parlare con l’avvocato, senza svelare la sua vera identità, un certo “Morabito” che avrebbe escluso la responsabilità dei coniugi e indicato proprio nella droga il movente della strage parlando, nello specifico, della sparizione di una partita ingente di stupefacenti del valore di circa 400mila euro. Tra le maglie di questa pista l’ombra della criminalità organizzata e in particolare della ‘ndrangheta, che secondo il pool difensivo avrebbe potuto portare a scrivere un finale completamente diverso e a scagionare i Romano-Bazzi. Un testimone tunisino, Abdi Kais, allora residente nella casa del massacro a Erba, ha parlato di un’accesa tensione, in corso nel 2006, tra una banda di tunisini localizzata a Merone – di cui lui stesso avrebbe fatto parte insieme ad alcuni cugini e amici di Azouz Marzouk – e un gruppo di marocchini disposti a usare “i coltelli” per farsi valere nel controllo della piazza di spaccio. Questo ciò che l’avvocato Fabio Schembri, storico legale della coppia condannata, ha precisato circa la testimonianza del connazionale di Azouz: “Un episodio, molto simile a quanto successo poi a Erba, era stato sventato nelle case di Merone dove erano residenti altri del gruppo dei fratelli di Azouz. Il gruppo rivale aveva tentato con i coltelli di salire in casa, però in questo caso quest’assalto venne sventato”. Come rivelato dai giornalisti Edoardo Montolli e Felice Manti nella loro controinchiesta “Il grande abbaglio“, in quel periodo il gruppo di cui avrebbero fatto parte i parenti di Marzouk risultava attenzionato dalla Guardia di Finanza nell’ambito di una inchiesta sui traffici di quella zona e sull’ingerenza della ‘ndrangheta a Erba. Nel 2012 un pentito avrebbe rivelato di una trattativa con “gli stranieri” per gestire partite di droga per centinaia di migliaia di euro a settimana.

L’intercettazione del 2020 che la difesa di Rosa Bazzi e Olindo Romano non conosceva

A rafforzare la pista alternativa della ‘ndrangheta e della droga dietro la strage di Erba, secondo quanto scoperto da Montolli e Manti, ci sarebbe una intercettazione inedita di appena 4 anni fa relativa a una indagine della Dda sullo spaccio di droga nella provincia di Como. Di questa registrazione, la difesa dei Romano-Bazzi è venuta a conoscenza nel 2024 e l’avvocato Fabio Schembri sostiene possa essere utile in sede di revisione del processo.

Il contenuto, portato a galla dai due giornalisti nel loro podcast online “Il grande abbaglio”, fotografa una circostanza potenzialmente degna di interesse investigativo per la vicenda che riguarda il massacro di via Diaz del 2006: nel 2020, quando ancora l’istanza di revisione del processo era un orizzonte remoto e non sembravano esserci motivi urgenti per parlare della mattanza, qualcuno, intercettato dagli inquirenti nell’ambito di una inchiesta sul traffico di stupefacenti nel Comasco, parlava proprio della strage. Nella conversazione intercettata, due soggetti indagati, di cui uno considerato membro di spicco nel “mercato” locale a Erba, si sarebbero accordati sull’uso di “sim riservate” per condurre ricerche online sulla strage e su un altro delitto, l’omicidio di un presunto trafficante albanese avvenuto nel 2017 nei pressi di Longone, al Cornizzolo. Per quale motivo in tempi non sospetti come nel 2020, cioè quando Rosa Bazzi e Olindo Romano erano in carcere ormai da 13 anni, i due si sarebbero preoccupati di utilizzare sim coperte per cercare notizie sull’eccidio? C’è un legame concreto tra la pista della droga e della malavita organizzata e i delitti di via Diaz attribuiti ai Romano-Bazzi? Quelle schede, secondo la scoperta di Manti e Montolli, dovevano servire soltanto per il controllo di informazioni sul web e non per telefonare, come emerge da un passaggio dell’intercettazione evidenziato addirittura dal gip nell’ordinanza che pochi mesi fa ha portato all’arresto di diverse persone nell’ambito dell’inchiesta sui traffici illeciti nella zona: “ – dice uno dei due all’altro –, ma non chiamerò mai. Sai qual è il problema? Questa qua la uso, riguarda l’omicidio. Chiudi il telefono, ascolta me, chiudi il telefono e i ca**i (inc.). Devi guardare l’omicidio Longone e chiudi. Strage di Erba e chiudi. Non lo devi usare mai per chiamare e mandare WhatsApp (…)“.