Olindo Romano e Rosa Bazzi tornano a parlare dal carcere attraverso una lettera inviata poche ore fa al Tg1 nella quale la coppia, che ora spera nella revisione del processo e nel prosciogliemento dopo il primo via libera della Corte d’Appello di Brescia all’istanza della difesa, punta nuovamente il dito sugli inquirenti e ribadisce di aver reso “false confessioni” dietro la promessa di sconti di pena.



Nella missiva, i coniugi condannati all’ergastolo in via definitiva per la strage di Erba dell’11 dicembre 2006 si dichiarano ancora una volta innocenti, a loro dire capri espiatori di un sistema che avrebbe preferito mandare in galera due persone semplici e incapaci di difendersi piuttosto che seguire un’altra pista: la presunta faida tra tunisini e marocchini per la piazza di spaccio nel centro del Comasco. Il prossimo 1 marzo si terrà l’udienza dibattimentale che li vedrà tornare in aula a seguito della citazione a giudizio per la valutazione del processo di revisione auspicato non solo dai loro avvocati, ma anche dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser (il primo che ha chiesto di riaprire il caso e sottoporlo nuovamente a giudizio per l’ipotesi che si tratti di un errore giudiziario).



Strage di Erba, la lettera di Olindo e Rosa al Tg1

La lettera inviata dalla coppia al Tg1 poche ore fa è firmata da entrambi, ma a redigerla, dal carcere di Opera, è stato Olindo Romano. “Caro direttore, prima di tutto vorrei ringraziarla per l’attenzione e la cura che sta dando alla nostra vicenda. Sono 17 anni che non abbiamo diritto di parola, che nessuno ascolta quello che noi diciamo ad alta voce dal 10.10.2007 quando abbiamo ritrattato le nostre false confessioni. Olindo Romano prosegue protestandosi estraneo alla strage di Erba con sua moglie, Rosa Bazzi: “Per la maggior parte dei giornalisti siamo dei mostri e basta. Per loro dovremmo marcire in carcere fino alla fine dei nostri giorni. Non importa se per convincere l’opinione pubblica sono state diffuse bugie di ogni tipo (l’ultima due giorni fa, quando un giornale ha scritto che sul quadro elettrico di casa Castagna erano state trovate le mie impronte digitali: una notizia FALSA!!!). L’importante è far credere all’Italia intera che la strage di Erba è stata risolta“.



Olindo e Rosa si ritengono dei capri espiatori, due persone precipitate nell’occhio del ciclone e condannate ingiustamente soltanto perché prive di strumenti per difendersi e per la fretta degli inquirenti di chiudere il cerchio intorno agli autori di quel massacro: “Se la sono presa con due persone che non sapevano come difendersi, che all’inizio hanno avuto un avvocato d’ufficio che durante gli interrogatori è stato quasi sempre zitto. È troppo brutto far uscire la verità, che può trattarsi di criminali che hanno fatto tutto questo per la droga?“. Romano affronta anche il nodo delle confessioni, poi ritrattate e oggetto di un dibattito infuocato che non si è mai spento: “La gente fuori si domanda perché abbiamo confessato. Provate a mettervi al nostro posto, soli e spaventati. Chiusi in cella per due giorni senza capire cosa stava succedendo. Poi, all’improvviso, arrivano quei due carabinieri che, con la scusa di prendere di nuovo le impronte digitali, mi hanno fatto una testa così dicendo che era meglio confessare perché avremmo avuto un forte sconto di pena, come succede ai pentiti di mafia“. Prima di concludere, l’ex netturbino all’ergastolo spiega che tutti i particolari della strage messi a verbale sono frutto di quanto “ascoltato in
televisione” e conferma che, durante l’interrogatorio, gli furono mostrate le foto della scena del crimine. La ringrazio per l’attenzione e le chiedo solo una cosa – chiude Olindo rivolgendosi ancora al direttore -, di riferire che noi,
Olindo e Rosa, siamo innocenti, che continuiamo ad avere fiducia nella giustizia e che non passa giorno che non pensiamo a quelle povere vittime di una strage che è ancora senza colpevoli“.