Il prossimo 10 luglio 2024 è attesa la camera di consiglio in Corte d’appello a Brescia dove, dal 1° marzo scorso, è iniziata la discussione per la revisione del processo sulla strage di Erba. Un appuntamento cruciale in cui i giudici saranno chiamati a decidere se ammettere o no un nuovo dibattimento sui fatti dell’11 dicembre 2006 per cui furono condannati all’ergastolo in via definitiva i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. Tra i possibili scenari, la conferma del giudicato o l’assoluzione. Le Iene presentano Inside, nella puntata del 2 luglio, a una settimana dall’udienza ripropone le tappe fondamentali di uno dei crimini più sconvolgenti della cronaca italiana, tra vecchie e nuove ombre.



Per arrivare sin qui – trascorsi quasi 18 anni dalla mattanza costata la vita a Raffaella Castagna, al figlioletto di 2 anni Youssef Marzouk, alla madre Paola Galli e alla vicina di casa Valeria Cherubini -, è stata fondamentale l’azione di Cuno Tarfusser, sostituto pg di Milano che per primo, con una mossa senza precedenti che ha anticipato persino la difesa della coppia, nel 2023 ha presentato istanza per riaprire il caso e riportarlo in un’aula di giustizia. Il magistrato di lungo corso, già giudice della Corte penale internazionale dell’Aja, non è l’unico volto chiave della vicenda ma è certamente uno dei personaggi determinanti nell’evoluzione giudiziaria della storia oltre a Luciano Gallorini, all’epoca dei fatti comandante della stazione dei Carabinieri della città in cui si consumò l’eccidio e che condusse l’indagine sfociata nell’arresto dei Romano-Bazzi.



Strage di Erba, le tesi di Azouz Marzouk e dei Castagna sul massacro di via Diaz

Tra i nomi che ricorrono più spesso nelle cronache legate alla vicenda della strage di Erba ci sono quelli di Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef uccisi quella notte nel loro appartamento della “palazzo del ghiaccio” di via Diaz, e quelli dei parenti della donna, anzitutto il padre, Carlo Castagna, e i fratelli Beppe e Pietro. Nella mattanza hanno perso non solo una figlia e sorella con il loro il nipotino, ma anche Paola Galli, moglie di Carlo. Azouz Marzouk, di nazionalità tunisina, fu il sospettato della prima ora e a scagionarlo, mentre i principali organi di stampa lo descrivevano già come l’assassino della sua famiglia, fu proprio il suocero. Fu Carlo Castagna, infatti, a confermare che il genero Azouz Marzouk, al momento dei quattro omicidi e del tentato omicidio dell’unico superstite poi diventato teste chiave dell’accusa, Mario Frigerio, si trovava in Tunisia. “Se fossi stato in Italia, oggi sarei in carcere al posto di Rosa e Olindo“, ha detto più volte il tunisino convinto dell’innocenza della coppia dei vicini di casa che non ha mai creduto responsabili di un crimine così efferato. Dei coniugi non fu trovata alcuna traccia sulla scena, né tracce delle vittime furono scovate dal Ris di Parma nella loro abitazione.



Opposto al parere di Azouz Marzouk sulla condanna inflitta ai coniugi nella strage di Erba è quello dei familiari di sua moglie, da sempre convinti che la giustizia abbia fatto centro inchiodando Rosa Bazzi e Olindo Romano al fine pena mai. Carlo Castagna, noto imprenditore del settore immobiliare di Erba, è morto nel 2018, 7 anni dopo la conclusione definitiva del processo a carico della coppia che dal 2007 è in carcere. Insieme ai figli Beppe e Pietro Castagna ha assistito ai tre gradi di giudizio sfociati nella pesantissima sentenza e ha sempre mostrato grande dignità e compostezza nel rispondere alle domande di inquirenti e giornalisti. I due figli maschi dei Castagna non hanno mai messo in dubbio i verdetti e la loro lettura degli eventi è diametralmente opposta a quella dell’allora cognato Azouz Marzouk. In una prima battuta delle indagini, Gallorini ha detto di essersi concentrato anche sulla pista familiare arrivando a escluderla completamente dall’alveo delle ipotesi nel giro di poco tempo: nessun attrito per l’eredità tra fratelli e sorella, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, dietro l’orrore di quella terribile notte di fuoco e sangue. “Indignati e increduli“, così si sono definiti i due fratelli di Raffaella Castagna “nel sentire gente che definisce i colpevoli come innocenti vittime di una giustizia sommaria e faziosa, definiti addirittura come ‘un gigante buono e una gracile signora’“.

Strage di Erba, Luciano Gallorini e Cuno Tarfusser: due posizioni agli antipodi nel tessuto della storia

Oggi in pensione, Luciano Gallorini era comandante dei Carabinieri a Erba quando avvenne la strage. Fu lui in prima persona ad occuparsi delle indagini e a convincersi che dietro la mattanza vi fosse la firma di Olindo Romano e di sua moglie Rosa Bazzi, vicini di casa di Raffaella Castagna mossi, secondo inquirenti e giudici, dalla rabbia al culmine di una serie di liti di vicinato che avrebbero deciso di lavare con il sangue arrivando a massacrare anche un bimbo di appena 2 anni.

La difesa della coppia ha però criticato aspramente le risultanze investigative e le modalità stesse con cui le indagini furono condotte, a detta degli avvocati dei Romano-Bazzi portate avanti con la fretta di chiudere il caso sorvolando su piste alternative degne di attenzione (come quella della vendetta trasversale per questioni di droga). Gallorini ha respinto le accuse e si è detto sicuro di aver agito nel rispetto dei protocolli e con il massimo scrupolo per arrivare ai killer, ma a criticare il suo operato, così come quello di coloro che collaborarono all’inchiesta lato accusa, non sono solo i difensori dei condannati. Tra chi ritiene sbagliate le sentenze ed errato, a monte, l’intero approccio investigativo, c’è anche Cuno Tarfusser, sostituto procuratore generale di Milano. Secondo il magistrato, le indagini avrebbero portato a cristallizzare prove “farlocche” a carico della coppia, frutto di approssimazione investigativa e, in estrema ipotesi, persino di “falsità in atti o in giudizio“. Per la sua decisione di chiedere la revisione del processo sulla strage di Erba, accusato di aver “scavalcato” il vertice del suo ufficio, la procuratrice generale Francesca Nanni, Tarfusser è destinatario di una censura del Csm all’esito di un procedimento disciplinare innescato dalla segnalazione della stessa pg del capoluogo lombardo. “Rifarei tuttola sua replica, sono orgoglioso di aver chiesto la revisione e ho agito nel pieno delle mie facoltà e senza commettere alcuna violazione (…)“. Secondo il suo punto di vista, la sanzione disciplinare a suo carico è frutto di una “politica giudiziaria volta a tutelare un sistema giudiziario ormai in decomposizione“.