Antonino Monteleone, giornalista de Le Iene, ha firmato una lunga inchiesta sul caso strage di Erba nella convinzione che Olindo e Rosa “non possono essere gli assassini“. Un lavoro iniziato diversi anni fa e articolato in numerosi speciali televisivi che segue la scia delle scoperte di colleghi come Eodardo Montolli e Felice Manti, i primi, quando ancora il processo a carico dei Romano-Bazzi era in corso, ad accorgersi delle anomalie nella vicenda e della misteriosa (e mai chiarita) sparizione di centinaia di ore di intercettazioni in sede di indagini. Intervistato da Libero dopo il primo ok all’ammissibilità di una eventuale revisione del processo da parte della Corte d’Appello di Brescia, Monteleone ha dichiarato che “certa stampa ha chiuso gli occhi” preferendo fidarsi ciecamente della versione ufficiale senza scavare, atti alla mano, tra le pieghe di quello che ritiene essere un clamoroso errore giudiziario.
“Per tanti anni – ha dichiarato Monteleone – sono stati riportati elementi come se fossero fatti e invece erano totali invenzioni, per esempio che Rosa e Olindo avessero detto in casa: ‘Come si sta bene senza quelli là’. È stato scritto e ripetuto, ma non esiste altrimenti sarebbe stato la colonnna sonora del processo. Oppure che la macchina di Olindo avesse sangue su pedali, sedili e sul volante: falso. C’è una sola macchia che in 18 anni non ha visto nessuno. O che Mario Frigerio abbia riconosciuto dal primo momento Olindo. Falso anche questo. (…)“. In un passaggio dell’intervista, Monteleone ha difeso il ruolo del giornalismo investigativo e ha sottolineato che i magistrati non sono immuni all’errore. “Possibile – si chiede ancora oggi – che in 15 anni nessuno è mai andato a cercare il carabiniere che ha trovato la macchia di sangue sull’auto di Olindo (il brigadiere Fadda che, per la prima volta, fu intervistato proprio da lui a Le Iene e ammise l’ipotesi di una contaminazione, nda)?“. La partita sulla eventuale revisione del processo si aprirà ufficialmente il prossimo 1 marzo, quando i coniugi condannati per la strage del 2006 compariranno in aula per la discussione dell’istanza proposta dai legali e anticipata, clamorosamente, da quella del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser. “Adesso Rosa e Olindo non sono ‘gli assassini’. La revisione – ha concluso Monteleone – stabilisce che quando viene emesso il decreto di citazione i condannati retrocedono al ruolo di imputati. Come li trattiamo? È cambiata la loro dignità“.
Gianluigi Nuzzi sulla strage di Erba: “La difesa insiste, ma le prove restano valide”
Chi non ha alcun dubbio sulla colpevolezza di Olindo Romano e Rosa Bazzi è certamente il collega Gianluigi Nuzzi, conduttore di Quarto Grado che, in un articolo dell’11 gennaio su La Stampa, ha snocciolato quelli che sarebbero i motivi per ritenere inconsistenti le criticità sollevate dalla difesa dei coniugi nel tentativo di ottenere la revisione della sentenza di condanna e con essa il proscioglimento della coppia.
“Il brigadiere avrebbe dovuto scattare le foto solo a conclusione della reazione del luminol ma non lo fece. Una scelta errata – scrive Nuzzi – che però non incise né sulla qualità delle tracce stesse né sul tracciamento, la sequenza dell’operazione compiuta, tutta documentabile. E questo smonta altri dubbi. Il primo: c’è chi sosteneva che in assenza di foto delle tracce bisogna fare una sorta di ‘atto di fede’ nei confronti del brigadiere, ma nei processi è stato ricostruito ogni passaggio e ritenuto vero e credibile. Altrimenti bisognerebbe sostenere che Fadda ha manomesso una delle prove regine senza però alcun elemento certo al riguardo. Si rischia una significativa alterazione della prospettiva: si è colpevolisti con gli inquirenti che avrebbero ordito una falsa verità contro due disgraziati e si diventa innocentisti con i condannati (…). Il sangue sull’auto di Olindo è di Valeria Cherubini, il caso è chiuso“.