La Corte di appello ci vuole pensare bene prima di prendere la decisione sulla richiesta di revisione avanzata da Olindo e Rosa ed ha così rinviato l’udienza al 10 luglio 2024. Gli avvocati hanno parlato per oltre sei ore per convincere i giudici della Corte di appello che il processo, più che riaperto, va rifatto, per dimostrare che i due coniugi sono innocenti, che non sono stati loro a commettere la strage di Erba l’11 dicembre 2006. Ma è uno spiraglio assai angusto quello attraverso cui bisogna passare per riaprire il processo: occorre convincere la Corte che sono sopravvenute o si sono scoperte nuove prove “che sole o unite a quelle già valutate dimostrano che il condannato deve essere prosciolto”.



Innanzitutto la difesa propone una rivalutazione delle “vecchie” prove d’accusa sottoponendole a più rigorosi ed approfonditi accertamenti svolti secondo metodologie scientifiche nuove e sconosciute (o comunque trascurate) all’epoca del primo processo. E così ci sarebbe l’evidenza che l’unico teste oculare che riconobbe i coniugi come gli autori degli omicidi era affetto da “un’amnesia anterograda” per avere respirato monossido di carbonio che aveva compromesso le sue funzioni cognitive. Che le tracce di sangue trovate sull’auto di Olindo Romano in realtà non sarebbero quelle di una delle vittime. Che i coniugi confessarono le proprie responsabilità perché pressati dagli inquirenti e che lo fecero per meri atti di reciproca generosità, mentre ci sarebbe la certezza certificata da esperti che Rosa era affetta da grave disabilità.



Ma ci sono anche prove del tutto nuove sulla strage di Erba: accertamenti tecnici su altre tracce di sangue che dimostrerebbero che una delle vittime fu uccisa nel suo appartamento e non al piano inferiore come sostenuto in sentenza, tracce di calpestio su un terrazzino che dimostrerebbero la fuga di soggetti diversi dai due coniugi oltre che vicini di casa mai escussi in grado di riferire particolari importanti su rumori percepiti nell’abitazione delle vittime ed incompatibili con la ricostruzione accusatoria ed altro ancora.

Insomma, un vero rompicapo la strage di Erba per i giudici di Brescia che hanno disposto un (lungo) rinvio fino al 10 luglio per decidere se accettare di rinnovare l’istruttoria ed assumere le nuove prove o se dichiarare inammissibile la richiesta di revisione.



E così anche il pubblico accorso numeroso per assistere al processo sulla strage di Erba è rimasto deluso e dovrà aspettare  per sapere se il processo andrà avanti oppure se la responsabilità dei due coniugi sarà definitivamente (quasi definitivamente, in quanto c’è sempre la possibilità di ricorrere in Cassazione contro un eventuale rigetto dell’istanza di revisione) accertata.

Sì, numeroso pubblico, perché ormai i processi per omicidio in Italia, come quello della strage di Erba, sono diventati veri e propri “spettacoli” da non perdere, grazie anche alla cassa di risonanza costituita dai media.

A Brescia già alle quattro del mattino aveva iniziato a formarsi la coda per entrare in Tribunale,  alle sei arrivava a Palazzo di Giustizia anche un gruppo di studenti di Torino e alle nove ormai si era formata una folla che cercava di entrare in aula per assitere allo “spettacolo” della strage di Erba.

A Milano le aule non sono più sufficienti a contenere il pubblico e soprattutto le scolaresche che non vogliono perdersi i processi a carico di Impagnatiello (che ha ucciso la fidanzata) e della Pifferi (accusata di omicidio della figlia) dove all’ultima udienza si sono contate in aula 12 telecamere.

Lo scopo dell’udienza pubblica sulla strage di Erba dovrebbe essere quello di consentire che attraverso la pubblicità del processo la collettività controlli che la giurisdizione venga esercitata legalmente e con trasparenza. L’impressione è però che tanta partecipazione popolare ai processi sia invece dovuta per lo più a morbosa curiosità e, in molti casi, ad ansia giustizialista. Con buona pace della sofferenza di chi in aula vive autentici drammi per aver perso un congiunto o perché rischia la reclusione a vita. Un argine a questa deriva prima o poi andrebbe posta.

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