Il prossimo 16 aprile si terrà la seconda udienza per la revisione del processo sulla strage di Erba che ha visto tornare in aula, a quasi 18 anni dagli orrori di via Diaz, i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo in via definitiva nel 2011 e ritenuti innocenti non solo dalla difesa, ma anche da una delle vittime collaterali del massacro, il tunisino Azouz Marzouk. Quest’ultimo, marito e padre di due delle persone uccise – Raffaella Castagna e il piccolo Youssef -, da anni si batte perché, a suo dire, “giustizia non è stata fatta” con la sentenza che ha inchiodato la coppia al fine pena mai, convinto della loro estraneità alla mattanza per la quale, però, non ritiene sussistente la matrice della vendetta per questioni legate al controllo della piazza di spaccio nella città della provincia di Como.
Una pista alternativa, quella del regolamento di conti per una ingente partita di droga e per la gestione del traffico locale, che il collegio difensivo dei due condannati considera non solo percorribile (e mai esplorata compiutamente in sede di indagini a margine degli omicidi), ma pregna di elementi potenzialmente decisivi a riscrivere la storia attraverso il racconto di un supertestimone, un amico e connazionale di Marzouk, che avrebbe riferito di episodi e circostanze in grado di tenere in piedi uno scenario completamente diverso dalle liti di vicinato che per l’accusa a carico dei Romano-Bazzi furono movente principe della strage. Marzouk, hanno sottolineato ai microfoni di Lombardia Nera i suoi avvocati Luca D’Auria e Solange Marchignoli che lo assistono in quanto parte civile a Brescia nel giudizio di revisione, non ha mai creduto alla pista della droga e al fatto che la casa in cui viveva con moglie e figlio, secondo la versione del supertestimone raccolta dai legali dei coniugi, fosse una “centrale di spaccio” finita nel mirino di una banda rivale insieme alla sua famiglia. Nonostante questo, il tunisino chiede che venga ammesso in aula a deporre per chiarire i contenuti delle informazioni rese alla difesa della coppia nell’ottica di scardinare il giudicato.
Strage di Erba, i legali di Marzouk: “Fondamentale sentire il supertestimone”
Da anni, dopo averli inizialmente ritenuti assassini, Azouz Marzouk grida la sua certezza: “Olindo Romano e Rosa Bazzi non sono gli autori della strage di Erba“. In passato ha persino detto di conoscere la reale identità degli assassini, ma senza mai arrivare al sodo né fornire elementi concreti a supporto della sua teoria. A 17 anni dal massacro in cui perse moglie, figlio di 2 anni e suocera (Paola Galli, assassinata con loro e con la vicina di casa Valeria Cherubini), è tornato in aula in Corte d’Appello come parte civile nel processo di revisione che si è aperto su impulso delle istanze presentate dal sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser e dalla difesa, convinto come questi ultimi che i Romano-Bazzi siano vittime di un clamoroso errore giudiziario.
Ancora oggi, però, non sa indicare una pista alternativa al di là di quella della droga, sostenuta dal collegio difensivo, che ritiene sbagliata. Sul punto hanno risposto gli avvocati che lo assistono, D’Auria e Marchignoli, intervistati da Marco Oliva nel programma Lombardia Nera. “Azouz non ci ha mai detto chi potrebbe essere l’autore della strage, e forse non lo sa. Siamo in revisione e si può uscire con un giudizio di non colpevolezza di Rosa e Olindo senza trovare il nuovo colpevole. La pista della droga è un’ipotesi che è stata lanciata ed è quella per cui noi rappresentiamo e siamo costituiti. 17 anni dopo il massacro, Azouz scopre che casa sua non è solo il luogo del delitto ma il luogo nel quale è stata partorita la strage“. I legali di Azouz Marzouk ritengono necessario che il racconto del teste proposto dalla difesa dei Romano-Bazzi venga vagliato nel processo di revisione: “A noi interessa tantissimo sentire questo testimone, per molto meno, per aver detto che Rosa e Olindo erano innocenti, Marzouk ha subito un processo per calunnia in primo grado. Vediamo cosa succede adesso con questa dichiarazione. Noi non crediamo nella pista della droga però ascoltiamo volentieri quello che avrà da dirci questo supertestimone“. Nella prossima udienza a Brescia, il 16 aprile, la parola passerà alla difesa dei coniugi per la richiesta di ammissione delle “nuove prove” che ritiene capaci di scagionarli.