La procuratrice generale di Milano Francesca Nanni rompe il silenzio sul presunto attrito con il sostituto pg Cuno Tarfusser ,in merito alla decisione di quest’ultimo di chiedere la revisione del processo sulla strage di Erba, quando la partita della difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi per riaprire il caso sembra a un soffio dal successo. Nanni aveva inviato l’atto ai colleghi della Corte d’Appello di Brescia – che poche ore fa ha dato un primo via libera ammettendo la discussione della richiesta – dopo diversi mesi, allegando all’istanza del magistrato il proprio parere di inammissibilità in ordine ad almeno due elementi: il fatto che a presentarla sarebbe stato un soggetto “non legittimato” – da qui l’accusa a Tarfusser di aver “scavalcato” la gerarchia dell’ufficio, violando le regole, che lo porterà davanti al Csm, sottoposto a procedimento disciplinare, il prossimo 8 febbraio -, e il fatto che, a suo dire, l’atto di Tarfusser sarebbe “infondato nel merito” in quanto assenti elementi inediti che renderebbero esplorabile lo scenario di una revisione per la coppia condannata in via definitiva all’ergastolo per il massacro dell’11 dicembre 2006.
In sostanza, per Nanni mancherebbero quelle “nuove prove” necessarie a un concreto iter di “riapertura dei giochi” e di una eventuale rivalutazione della posizione dei condannati. Tarfusser non è dello stesso avviso e con una mossa clamorosa e senza troppi precedenti nella cronaca giudiziaria ha anticipato il collegio difensivo dei Romano-Bazzi chiedendo che si rimetta tutto in discussione: prove, testimonianze, confessioni, rilievi sulla scena del crimine, piste alternative e procedure investigative adottate. La procuratrice generale smentisce l’ipotesi di un conflitto con il suo sostituto, ma ribadisce che avrebbe sbagliato a proporre quella istanza e spiega perché.
Strage di Erba, procuratrice Nanni su Tarfusser: “Nessun conflitto, ma ha violato le norme”
Il colpo di scena che potrebbe riaprire il processo sulla strage di Erba e portare, in estrema ipotesi e come auspicato dalla difesa dei condannati, al prosciogliemento di Olindo e Rosa, si è concretizzato poche ore fa con la citazione a giudizio dei coniugi da parte della Corte d’Appello di Brescia all’esito di un primo vaglio di ammissibilità dei giudici – che non preclude però l’ipotesi di un rigetto dell’istanza di revisione dopo l’udienza dibattimentale fissata per il prossimo 1 marzo – che li vedrà tornare in aula per la discussione sulla impugnazione proposta.
A palazzo di giustizia, oltre ai due e ai loro legali, è convocato anche il sostituto pg Cuno Tarfusser in quanto autore di una delle tre istanze poi unificate sul tavolo dei giudici bresciani (dopo la sua, quelle del tutore dei coniugi, Diego Soddu, e del collegio difensivo rappresentato dagli avvocati Fabio Schembri, Nico D’Ascola, Patrizia Morello e Luisa Bordeaux). Per il magistrato, la decisione di Brescia recentemente notificata è anzitutto una “soddisfazione professionale enorme” che lo ripaga di “delusione e negatività subite in questi anni“. Negatività che Francesca Nanni, suo capo alla Procura generale presso la Corte d’Appello di Milano, sostiene non essere attribuibile a lei o al presunto attrito interno innescato dall’istanza del suo sostituto. La procuratrice generale lo ha chiarito ai microfoni del Corriere della Sera: “Io non mi sento minimamente in conflitto con il mio sostituto né vedo alcun conflitto all’interno dell’Ufficio che dirigo, e non intendo neppure commentare queste esternazioni che mi lasciano indifferente“.
Per quanto riguarda la segnalazione disciplinare del collega, Nanni ha dichiarato che si tratta di una cosa “ben distinta dal merito della vicenda di Erba“: “Se il collega, invece di farlo proprio, avesse risposto ai difensori del caso Erba con un atto ufficiale di rigetto della richiesta di revisione la mia reazione sarebbe stata la stessa“. Il problema, secondo la procuratrice Nanni, “è che con le sue azioni Tarfusser ha violato le norme interne all’Ufficio che, dopo svariate riunioni a cui se non ricordo male il collega non ha mai partecipato, si è dato una regola che lui non ha rispettato“. La regola a cui Nanni fa riferimento è relativa ai “criteri di assegnazione” da seguire, e stabiliti internamente, quando si riceve un atto esterno (come ad esempio la documentazione sottoposta dai legali della coppia a Tarfusser che quest’ultimo, secondo Nanni, avrebbe studiato autonomamente senza rispettare quella regola interna). La procuratrice generale ha inoltre spiegato di considerare necessario un approfondimento sulle istanze di revisione dato che sono ben tre e che conterrebbero “ulteriori elementi di prova” e per questo capisce la preliminare valutazione arrivata da Brescia: “Credo che la decisione dei colleghi possa essere compresa, se non condivisa“.
Strage di Erba, Francesca Nanni contribuì alla riapertura del caso Beniamino Zuncheddu chiedendo la revisione del processo
Nanni non ha però cambiato idea sulla inammissibilità di una revisione del processo nel caso specifico della strage di Erba: “Qui da noi – ha precisato al Corriere – l’avvocato generale in base agli atti depositati ha ritenuto che non ci fossero elementi per la revisione. Io ho condiviso quella valutazione e continuo a condividerla“.
Prima di arrivare alla Procura generale di Milano, Nanni ha ricoperto lo stesso luogo a Cagliari e si è occupata di chiedere la revisione del processo in due casi. Uno è il caso Barillà, concluso con l’assoluzione, l’altro, ancora in corso, riguarda il sardo Beniamino Zuncheddu arrivato a giudizio di revisione dopo 32 anni trascorsi in carcere: “Fa ben sperare perché il condannato intanto è stato scarcerato, e questo significa che, dopo l’istanza di revisione che avevo presentato, non c’erano più elementi sufficienti per tenerlo in carcere“. Nanni aveva chiesto la revisione per Zuncheddu nel 2019, quando ancora lavorava nel capoluogo sardo e così aveva commentato, intervistata dalla Tgr Sardegna, la sua decisione di presentare istanza per la riapertura: “È importante che il pubblico ministero lo possa fare e che lo faccia, che mantenga la mente aperta e, nei casi che lo meritano, se sente di doverlo fare, per un obbligo, per un giuramento alla verità che ha fatto tanto tempo fa nella sua carriera“. Beniamino Zuncheddu, ex allevatore di Burcei condannato in via definitiva all’ergastolo per la strage di Sinnai, attende la sentenza che dovrebbe arrivare il prossimo 23 gennaio. Nel frattempo, per lui è stata disposta la sospensione della pena.