Strage di Erba, una storia che evoca interrogativi ancora senza risposta e ombre a distanza di quasi 20 anni dai fatti. Era la sera dell’11 dicembre 2006 quando nella “palazzina del ghiaccio” della corte di via Diaz esplose un incendio. Le fiamme divampate nell’abitazione di Raffaella Castagna e Azouz Marzouk celavano un inferno di sangue e orrore: a terra il corpo della giovane donna, quello della madre Paola Galli e, qualche metro più in là, esanime su un divano, quello del figlio di appena 2 anni, Youssef Marzouk.
Sul pianerottolo, ferito al collo con un fendente e scampato alla morte grazie a una malformazione della carotide, il vicino di casa Mario Frigerio. Unico sopravvissuto a un massacro su cui, qualche ora più tardi, si sarebbe imbastito di tutto: dal gesto folle di un marito violento (nello specifico “il tunisino” Azouz poi scagionato nel giro di un giorno in quanto si trovava in patria) al regolamento di conti tra bande dedite allo spaccio.
Fino alla “soluzione” più sconcertante cristallizzata in tre gradi di giudizio: ad agire, secondo la verità processuale, furono in realtà i vicini di casa insospettabili Olindo Romano e Rosa Bazzi, un netturbino e una donna delle pulizie semianalfabeta che in pochi minuti, a partire dalle 20, avrebbero compiuto una mattanza senza precedenti con un movente legato alle tensioni di vicinato con la famiglia di Marzouk.
Quarta vittima del massacro della strage di Erba, Valeria Cherubini, moglie di Frigerio trovata morta sotto la tenda della portafinestra del loro appartamento all’ultimo piano, una mansarda ancora oggi epicentro di una serie di dubbi irrisolti sulla dinamica dei fatti. Su di lei, non si sa per quale motivo, la furia omicida dei killer si sarebbe concentrata con il maggior numero di coltellate e sprangate.
Strage di Erba: quali piste alternative alla colpevolezza di Olindo Romano e Rosa Bazzi
Nel corso degli anni, diverse piste alternative si sono avvicendate nelle cronache sulla strage di Erba. Ipotesi di chi non crede che la giustizia italiana abbia consegnato alla storia i veri colpevoli. Il primo a nutrire dubbi sulla responsabiità dei vicini di casa poi finiti all’ergastolo è stato Azouz Marzouk, marito, padre e genero di tre delle vittime del massacro. Da sempre convinto dell’innocenza della coppia, non ha però mai fornito ufficialmente una pista concreta su cui indagare né ha mai svelato i suoi sospetti.
Tra le piste alternative sulla strage di Erba alla colpevolezza dei coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, quella che rimanderebbe al tessuto di una guerra tra bande rivali per il controllo delle piazze di spaccio tra Erba e Merone. In questo contesto di scontri tra criminali dediti al mercato di stupefacenti, la strage di Erba sarebbe da leggere come una sorta di “vendetta” o di regolamento di conti contro lo stesso tunisino.
A rilanciare la tesi della droga fu anche una misteriosa telefonata a uno dei difensori dei coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, Luisa Bordeaux, datata dicembre 2008: un certo “Morabito”, nome falso, disse che la coppia era innocente e parlò di un movente legato alla sparizione di una ingente partita di stupefacenti del valore di circa 400mila euro. Dietro questo scenario, l’ombra della ‘ndrangheta.
La pista alternativa sulla strage di Erba della guerra per lo spaccio fu alimentata anche dal testimone tunisino Abdi Kais, residente nella casa del massacro all’epoca della strage di Erba. Secondo il suo racconto, era in corso una feroce tensione tra una banda di tunisini con base a Merone – di cui lui stesso avrebbe fatto parte insieme a dei cugini e amici di Azouz Marzouk – e un gruppo di marocchini disposti a tutto per controllare la piazza di spaccio, fino ad usare “i coltelli”.
La presunta ingerenza della criminalità organizzata, infine, sembrerebbe trovare riscontro in una intercettazione acquisita dagli inquirenti nel 2020 nell’ambito di una inchiesta sul traffico di stupefacenti nel Comasco.
Il contenuto, di notevole interesse secondo la difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, rimanderebbe proprio al massacro di via Diaz: nella conversazione captata, due persone indagate, di cui uno considerato elemento di spicco nella “piazza” di Erba, si sarebbero accordati per l’utilizzo di “sim riservate” al fine di effettuare ricerche online su alcuni delitti tra cui proprio la strage poi attribuita alla coppia condannata.