Entro una settimana verrà depositata la richiesta di revisione del processo a Olindo Romano e Rosa Bazzi dalla loro difesa, che ha ulteriori elementi rispetto a quella firmata dal sostituto procuratore generale. Lo conferma l’avvocato Fabio Schembri, legale dei coniugi condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage di Erba. Ci sono “tre consulenze tecnico scientifiche che analizzando l’aggressione a Valeria Cherubini dimostrano che gli autori non possono essere Rosa e Olindo”. Ne parla a La Stampa, spiegando a proposito della Cherubini che “oggi la scienza dice che fu colpita in maniera così efferata da provocare un’immediata perdita di coscienza”. Ma le sentenze di condanna hanno sempre affermato che la donna aveva ricevuto i colpi al primo piano, dove c’era la casa dell’altra vittima, Raffaella Castagna, e che poi si trascinò a casa sua. Inoltre, secondo le sentenze, Rosa e Olindo sarebbero usciti dal portone per andare a casa loro, mettere i vestiti nei sacchi, pulire tutto, andare a Como e sbarazzarsi delle armi, invece per la difesa chi ha compiuto la strage ha usato un’altra via di fuga, visto che il portoncino era già presidiato da soccorritori e vicini.
Inoltre, si parla di nuove testimonianze, come quella del tunisino che era residente nel palazzo della strage di Erba, arrestato successivamente per traffico internazionale di stupefacenti. “Faceva parte del gruppo dei fratelli di Azouz Marzouk, non venne mai sentito”, precisa l’avvocato Fabio Schembri. “Racconta di una faida in corso con un gruppo di pusher rivali per accaparrarsi lo spaccio in piazza del Mercato a Erba – con dettagli di aggressioni all’arma bianca – e che l’edificio della strage veniva utilizzato come base dal suo gruppo per custodire droga e denaro, che dopo la strage non vennero mai trovati”. Il legale cita un altro testimone che in un’intervista dice di aver visto “soggetti stranieri sul luogo del delitto all’ora del delitto”. Ma ci sono molti altri punti da chiarire, come il “50% di intercettazioni mancanti relative ai momenti topici dell’indagine”, aspetto confermato da un’ispezione del ministero. Poi c’è la questione della traccia ematica che, secondo i consulenti della difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, “è incompatibile con la repertazione sull’auto”.
Ma viene contestata anche la confessione dei coniugi. “Abbiamo perizie psichiatriche che hanno riconosciuto un ritardo mentale in Rosa Bazzi e disturbi di personalità in Olindo Romano”, afferma l’avvocato Fabio Schembri a La Stampa. Queste patologie per la difesa “li rendono soggetti facilmente circonvenibili”. Il legale cita oltre 243 errori commessi da Olindo nella descrizione di quanto avvenuto quella sera, ma anche intercettazioni ambientali “mai considerate” che attestano che Olindo Romano e Rosa Bazzi “per giorni dopo il delitto parlavano fra di loro da innocenti”. Inoltre, ci sono 15 esperti secondo cui quelle su cui si basa la condanna sono “false confessioni acquiescenti dettate, magari involontariamente, dalle promesse formulate a Olindo”. (agg. di Silvana Palazzo)
Strage di Erba, tre prove possono cambiare tutto
Tre prove che furono colonne portanti dell’accusa e della condanna all’ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba possono fare la differenza e cambiare tutto, svelando forse un errore giudiziario se riviste alla luce delle attuali capacità investigative. Ne è convinto il sostituto pg di Milano, Cuno Tarfusser, che ha depositato un documento per chiedere alla Procura generale di valutare la riapertura del caso nell’ottica di una revisione del processo che tenga conto di tutte le criticità che emergerebbero dalla rilettura degli atti e degli elementi ritenuti a carico della coppia nei tre gradi di giudizio che li hanno visti finire in carcere a vita. Un’azione, quella di Tarfusser, che ha anticipato clamorosamente la mossa della difesa dei coniugi – tra pochi giorni i loro avvocati depositeranno istanza autonoma – e che, nella cronaca giudiziaria, non conta molti precedenti.
In buona sostanza, la magistratura sembrerebbe affiancarsi alla posizione difensiva nel chiedere che si rimettano in discussione le posizioni dei due condannati. Il colpo di scena che potrebbe riscrivere la storia del massacro di Erba – la mattanza consumata nella corte di via Diaz la sera dell’11 dicembre 2006 in cui morirono Raffaella Castagna, suo figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini – arriva come un’onda di piena a travolgere tutto, anzitutto la certezza che Olindo e Rosa siano in cella da 17 anni perché colpevoli oltre ogni ragionevole dubbio. Ora appare chiaro che non sono solo i legali dei Romano-Bazzi a credere che i cardini chiave della sentenza definitiva a loro carico potrebbero saltare: anche in Procura si insinua il sospetto che qualcosa, dalle indagini fino alla confessioni (poi ritrattate), non sia andato in direzione di una giustizia giusta.
Quali sono le tre prove che infiammano il caso della strage di Erba
L’11 dicembre 2006, nella corte di via Diaz a Erba, furono assassinate brutalmente quattro persone tra cui un bimbo di soli 2 anni. A salvarsi fu Mario Frigerio, unico sopravvissuto poi testimone principale dell’accusa. Un massacro scioccante compiuto, secondo la ricostruzione, a colpi di coltello e spranga e concluso con un incendio per dissolvere ogni traccia. Nessuna traccia di Olindo e Rosa sulla scena del crimine, nessuna traccia delle vittime a casa della coppia eccetto una macchia di sangue isolata sul battitacco dell’auto dell’uomo, appartenente alla vittima Valeria Cherubini. Ed è questa una delle tre prove chiave che hanno inchiodato Olindo Romano e Rosa Bazzi (unitamente al riconoscimento di Romano fatto da Frigerio e alla confessione dei coniugi). Secondo Tarfusser, che lo avrebbe messo nero su bianco nell’atto di richiesta di riapertura alla Procura generale di Milano (condensato in una relazione di 58 pagine e visionato da Adnkronos), tali prove sarebbero maturate in “un contesto che definire ‘malato’ è fare esercizio di eufemismo“.
Dopo aver confessato la strage di Erba, i coniugi hanno definitivamente ritrattato sostenendo di essere stati incastrati. Lo stesso Romano, ai microfoni di Adnkronos, pochi mesi fa ha commentato così il “nodo” confessioni, ritenuto pilastro a loro carico nei tre gradi di giudizio: “Dovevano approfondire la pista dello spaccio di droga, continuo a pensare che sia stato più semplice incastrare due persone come noi, non sveglissime (con la presunta promessa di una cella matrimoniale e di improbabili benefici e sconti di pena, ndr). Sono passati sedici anni dalla strage di Erba, è arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza. (…) Mi capita di ripensare a quei giorni e a come ci hanno abbindolato e preso in giro (…). Non c’entriamo nulla con la strage di Erba (…). Una strage simile può farla solo chi è abituato a fare quelle cose, non penso sia facile improvvisare un fatto del genere così efferato. Frigerio è stato usato come noi (…) credo che abbiano manipolato i suoi ricordi per farlo testimoniare contro di noi. Lo considero una vittima come noi”.
Strage di Erba: la macchia di sangue di Valeria Cherubini sul battitacco dell’auto di Olindo Romano
La macchia di sangue della vittima Valeria Cherubini, traccia che sarebbe stata trovata sul battitacco dell’auto di Olindo Romano, secondo la difesa (e lo stesso sostituto pg che chiede la revisione del processo) avrebbe una origine “strana”. Per il sostituto pg, in linea con la difesa, sarebbe prova regina dell’innocenza della coppia. Nel documento firmato da Tarfusser, riporta Adnkronos, si legge che “le caratteristiche della traccia ematica, cosi come rilevate in sede di analisi, non risultano conciliabili con quanto sarebbe lecito attendersi a seguito delle precedenti operazioni di prelievo e repertazioni eseguite“. La repertazione e documentazione dei rilievi “appare assai carente circa il rispetto di comuni parametri di attendibilità e verificabilità scientifica, ancora di più qualora si riporti la competenza di tale attività in ambito forense“.
Tale situazione, secondo la relazione del sostituto pg, “pone una serie di domande in termini di genuinità delle attività compiute e degli atti redatti che non possono rimanere senza risposta“. Secondo Tarfusser, è centrale il quesito sul “perché questo accertamento, delicatissimo e potenzialmente decisivo, alla ricerca di possibili tracce riconducibili ai delitti commessi, viene svolto a 15 giorni di distanza, alle ore 23, da un solo brigadiere dei Carabinieri e non, con tutti i crismi in termini di professionalità, competenza e con la strumentazione tecnica adeguata, dagli specialisti del Ris già sul posto“. La macchia di sangue di Cherubini è la sola traccia ematica che legherebbe i Romano-Bazzi alla strage. Per il sostituto pg, ammettere che quel sangue sia stato depositato da Romano dopo aver commesso una simile mattanza (senza imbrattare nient’altro nell’abitacolo) imporrebbe di credere che i coniugi, “oltre ad una straordinaria freddezza ed abilità“, abbiano “anche delle doti miracolistiche. Quelle cioè di essere riusciti a non lasciare alcuna loro traccia sul luogo dove hanno scatenato una sfrenata rabbia lasciando un bagno di sangue e di essere riusciti a non ‘portare’ alcuna traccia del crimine appena commesso nelle loro pertinenze“.
Il riconoscimento nella testimonianza di Mario Frigerio sulla strage di Erba
Tra le colonne portanti dell’accusa a carico dei Romano-Bazzi anche la testimonianza dell’unico sopravvissuto alla strage di Erba, il vicino di casa Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini. Tutti ricordano che in aula, a processo, confermò di riconoscere Olindo Romano quale suo aggressore. Un racconto impresso nelle cronache e nei tre gradi di giudizio come prova schiacciante della colpevolezza della coppia. Per la difesa di Olindo e Rosa, e ora anche per il sostituto pg Tarfusser, il ricordo di Frigerio però non sarebbe genuino.
Il riconoscimento effettuato dal testimone oculare, secondo la lettura di questi ultimi, non sarebbe attendibile e in un passaggio delle sue 58 pagine, riporta ancora Adnkronos, Tarfusser cristallizza la sua idea di come siano andate le cose: “Il peggioramento della condizione psichica e i deficit cognitivi manifestati da Mario Frigerio nel corso della degenza ospedaliera, le errate tecniche di intervista investigativa dense di numerosissime suggestioni su di lui attuate e la palese violazione di precise e note leggi scientifiche in materia di memoria e di riconoscimento di volti dimostrano in modo incontrovertibile che la memoria riguardante Olindo Romano quale suo aggressore è una falsa memoria”. Frigerio, secondo il sostituto pg, “era soggetto inidoneo a rendere valida testimonianza circa i fatti avvenuti”. Il riconoscimento, per Tarfusser, avrebbe avuto “una genesi tortuosa” e sarebbe inficiato da “evidenti e gravi elementi di criticità“. Inizialmente, va ricordato, Frigerio disse agli inquirenti di non conoscere l’assalitore e ne diede una descrizione totalmente diversa dal vicino di casa che ben conosceva: olivastro, tanti capelli neri, forte come un toro, mai visto prima.
Le confessioni di Olindo Romano e Rosa Bazzi sulla strage di Erba
Confessare non significa essere colpevole. Da questo presupposto parte un’altra delle chiavi di lettura della difesa e del sostituto pg di Milano per raccontare che sì, potrebbe esserci un’altra verità dietro la strage di Erba nonostante Olindo Romano e Rosa Bazzi abbiano reso confessione sulla mattanza. Inizialmente dichiaratisi estranei al massacro, i coniugi hanno infine confessato salvo poi ritrattare e dipingersi, dal 2007, come innocenti. Secondo Tarfusser, che sposa la tesi difensiva anche su questo punto del caso, le loro dichiarazioni autoaccusatorie sarebbero “da considerarsi false confessioni acquiescenti“. Il primo interrogatorio di Olindo Romano e Rosa Bazzi è dell’8 gennaio 2007 e, secondo il magistrato, “il semplice ascolto delle registrazioni degli interrogatori resi nell’immediatezza del fermo dagli allora indagati lascia esterrefatti. Innanzitutto il contesto ambientale. Questo è caratterizzato da un enorme squilibrio numerico, culturale, emozionale, giuridico. All’interrogatorio dei due fermati, una semianalfabeta e un netturbino, procedono addirittura quattro pubblici ministeri“. In prima battuta, nonostante “domande spesso suggestive, altre volte fondate su presupposti del tutto infondati, scorretti, certamente incompleti”, sottolinea Tarfusser, i due non hanno confessato e hanno ribadito la loro innocenza.
Tra quei colloqui e il 10 gennaio seguente, nel giro di due giorni, tutto sarebbe cambiato: “In quelle 48 ore – si legge in un passaggio della richiesta di revisione riportato da Adnkronos –, viene dato modo alla Bazzi e al Romano di incontrarsi e di parlarsi. Inconsueto è il minimo che si possa dire anche se l’avere dato questa possibilità di incontrarsi aveva una finalità investigativa posto che il luogo dell’incontro è intercettato che però non ha dato il risultato auspicato“. Anche i filmati delle confessioni sarebbero, secondo Tarfusser, prova di una presunta recita dei coniugi. Intervistato sul punto dal quotidiano Il Giorno, l’avvocato di Olindo e Rosa, Fabio Schembri, ha sottolineato il perché, a loro avviso, parlare di confessioni autentiche sarebbe impossibile anche davanti agli “appunti” affidati da Romano alle pagine di una Bibbia in carcere: “Hanno confessato e sono colpevoli, si ragiona così a livello di sensibilità popolare. Le cronache giudiziarie sono piene di confessioni e delle testimonianze di chi dice di avere visto (…). Il perché delle presunte confessioni è spiegato dalle intercettazioni ambientali in carcere. A dialogare sono due persone particolari, Rosa Bazzi ha un ritardo mentale di un certo tipo. Il marito le parla di confessione, attenuanti, rito abbreviato, benefici, ritorno a casa (…). Le annotazioni sulla Bibbia? Neppure queste devono essere considerate confessioni. Era il periodo in cui i coniugi avevano ‘confessato’, aspettavano la cella matrimoniale e chissà cos’altro. La Bibbia di Olindo è zeppa di dichiarazioni di innocenza, scritte ben prima che entrassero in scena i nuovi avvocati, ossia noi (…)“.