Nei vani semidistrutti e allagati della centrale di Bargi, Lago di Suviana (Bologna), i vigili del fuoco continuano a lavorare senza sosta. Ieri, dopo il ritrovamento delle spoglie di Armando Scandellari, 57 anni, è stato recuperato il corpo della sesta vittima, Alessandro D’Andrea (37). I due si aggiungono a Vincenzo Franchina (36), Pavel Petronel Tanase (45), Mario Pisani (73), Paolo Casiraghi (59). Resta un solo lavoratore disperso, ma le speranze di trovarlo vivo sono ridottissime.



La procura di Bologna ha aperto un fascicolo per disastro e omicidio colposo e concentra la sua attenzione sulla catena dei subappalti. Alberto Berizzi, docente ordinario di Power Generation and Renewables al Politecnico di Milano, non ha fatto sopralluoghi e non conosce le carte, ma qualche ipotesi se l’è fatta. Il Sussidiario lo ha intervistato.



Professore, che cosa può essere accaduto? 

Innanzitutto Bargi è un impianto di produzione e pompaggio dell’energia. Quando serve produrre energia, l’acqua fluisce dal bacino superiore a quello inferiore, passa attraverso la turbina, questa mette in rotazione il generatore e il generatore immette energia in rete. Nelle ore invece in cui in rete c’è un eccesso di energia, l’impianto accumula energia funzionando in maniera inversa, cioè l’acqua dal bacino inferiore viene pompata al bacino superiore e l’energia viene immagazzinata, pronta ad essere utilizzata in un momento successivo.



Quali caratteristiche presenta questa gigantesca “batteria”, che si possano spiegare in questa sede?

È un impianto di di due unità, ciascuna costituita da un albero che collega una turbina-pompa ad un alternatore-motore che quando l’impianto è in produzione funziona come generatore elettrico mosso dalla turbina, mentre quando l’impianto è in pompaggio funziona come motore e fa girare la pompa.

E se adesso andiamo all’incidente di Suviana?

Sono rimasto un po’ spiazzato quando ho visto le immagini, a motivo del fumo chiaramente visibile nell’aria.

Per quale motivo?

Essendo un impianto idroelettrico, non c’è un combustibile che possa bruciare. La macchina idraulica si può rompere, ma di per sé non può esplodere; solitamente nelle centrali elettriche l’elemento che causa problemi è il trasformatore, che è isolato in olio, e quell’olio è altamente infiammabile. Per capirci, quando scoppia un trasformatore i vigili del fuoco fanno fatica a spegnere l’incendio.

Potrebbe essere quella la causa? 

A Bargi il trasformatore è esterno alla centrale, quindi lo escluderei. Normalmente, invece, ai piani -7, -8, -9 ci sono due piccoli trasformatori, detti trasformatori dell’eccitazione o dei servizi ausiliari. Mi hanno detto, ma non ho modo di verificarlo, che dovrebbero essere isolati non in olio ma in resina. Se così fosse, non possono esplodere, e in ogni caso sono piccoli.

Potrebbe invece essere stato il generatore?

Il generatore è dotato di avvolgimenti in cui passa corrente e può andare in tensione, ma normalmente non provoca esplosioni. Può esserci un guasto, ma di solito il guasto ha una durata molto limitata, nell’ordine delle decine di millisecondi, ed è rapidamente eliminato dalle protezioni elettriche.

Se la causa fosse stata la turbina? 

La turbina può dar luogo a fenomeni idraulici violenti come il cosiddetto colpo d’ariete, un picco di pressione. È un fenomeno potenzialmente devastante che nei casi più gravi può arrivare a distruggere l’intera centrale, però in questo caso il danno è di tipo meccanico e la centrale viene distrutta dall’acqua. Non c’è un’esplosione.

Che nel nostro caso, invece, è la causa del disastro. Da dove può essere derivata?

A prendere fuoco – anche questa è soltanto una congettura, che però rispetto alle altre a mio avviso ha una sua plausibilità – potrebbe essere stato l’olio dei cuscinetti della turbina e dell’alternatore.

In che modo?

Turbina e alternatore sono due macchine che appartengono ad un unico albero. Essendo rotanti, abbisognano di cuscinetti lubrificati. La turbina è spinta dall’acqua e frenata dall’alternatore; questo bilanciamento di coppie fa sì che nel funzionamento normale l’unità ruoti a velocità fissa e i cuscinetti raggiungano una temperatura programmata. Velocità di rotazione, cuscinetti, temperatura dell’olio: sono tutte grandezze previste. Immaginiamo che per un malfunzionamento la turbina vada in velocità di fuga.

Quale malfunzionamento?

Normalmente il distributore della turbina – il suo “rubinetto”, in termini impropri – viene chiuso prima che la turbina raggiunga velocità pericolose. Se questo non è successo, la turbina può aver superato la velocità consentita.

In tal caso?

L’olio dei cuscinetti può aver superato la temperatura per cui normalmente è dimensionato e può essersi vaporizzato, diventando infiammabile. A questo punto una qualunque scintilla può aver innescato l’esplosione.

Quale scintilla, nella situazione che ha descritto? Sarebbe successo qualcosa durante i lavori?

Non lo sappiamo. Anche qui posso fare solo congetture. Un’altra ipotesi, che può valere in modo indipendente da quella dell’olio dei cuscinetti, riguarda le operazioni della squadra che stava lavorando.

Ci spieghi meglio.

Dovendosi fare delle saldature, si può ipotizzare che ci fosse da qualche parte, ai piani coinvolti, una bombola di gas per saldare. Che non dovrebbe esplodere, ovviamente, me che in caso di esplosione potrebbe procurare un danno compatibile con quello che fanno vedere le immagini e con il fumo che si è visto uscire dalla centrale. Saldature significative richiedono bombole molto capienti e molto grandi.

Potrebbe essere andata in questo modo? 

È molto difficile, perché la squadra stava facendo delle prove successive all’attività di manutenzione e di conseguenza nessuna bombola avrebbe dovuto trovarsi lì, ammesso che ci fosse stata prima. Se non si è trattato di un’esplosione di questo tipo, si torna all’incendio dell’olio.

Esiste il rischio zero?

No, pretenderlo è un’illusione. Lo si può ridurre, e ovviamente lo si deve fare. Ad esempio, se è vera l’ipotesi dei cuscinetti e della velocità di fuga, allora bisogna capire perché la macchina è andata in velocità di fuga, contro tutte le previsioni che fino a quel momento erano state formulate. Posto che il rischio zero non esiste, il rischio si riduce purtroppo imparando dagli incidenti, strada facendo, non una volta per tutte. Un impianto termoelettrico può essere fatto di moduli uguali, ed è molto più standardizzabile rispetto ad un impianto idroelettrico. Non esistono due impianti idroelettrici uguali: il solo salto, cioè il dislivello – 50 metri, mille metri? – può dare luogo a variabili completamente differenti, tali da rendere non paragonabili due impianti. Questo rende anche più difficile standardizzare le manovre durante le manutenzioni e i collaudi.

Il personale specializzato, in interventi come quelli nella centrale di Bargi, come opera? 

Niente è improvvisato, si seguono protocolli prestabiliti, fatti di passaggi ben precisi, consequenziali. Non si fa quello successivo senza prima avere fatto quello che lo precede.

(Federico Ferraù)

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