Il 18 gennaio 2017, dopo una serie di scosse sismiche una valanga travolse l’hotel Rigopiano nel territorio di Farindola, in provincia di Pescara, dove si trovavano 40 persone tra staff e ospiti. Era solo il primo atto di un incubo senza precedenti, un inferno che sarebbe durato giorni, complice il ritardo nei soccorsi giunti sul sito del disastro, tra le montagne abruzzesi, soltanto all’alba del giorno seguente dopo che una funzionaria della Prefettura del capoluogo, al telefono, aveva liquidato i reiterati allarmi di un sopravvissuto come “falsi”.



Decine di persone rimasero intrappolate per ore sotto le macerie, 29 morirono e 11 riuscirono a salvarsi. Le immagini scioccanti che si presentarono ai primi soccorritori furono la dimostrazione plastica della gravità della situazione e della complessità dell’intervento che si sarebbe reso necessario per estrarre chi era rimasto sepolto sotto quella “tomba” di ghiaccio e detriti di ogni tipo. Alle prime luci del giorno del 19 gennaio, iniziò a delinearsi l’entità della tragedia: dell’originaria struttura del resort non era rimasto molto. I soccorritori si trovarono di fronte ad una corsa contro il tempo complicata dalle critiche condizioni meteo e dal fatto di dover “ricostruire”, passo dopo passo, la conformazione degli ambienti che era stata completamente modificata dal peso di una impressionante coltre di neve, alberi, macigni.



Strage hotel Rigopiano: cos’è successo il 18 gennaio 2017 nel resort di Farindola

Secondo una stima, sull’hotel Rigopiano si abbatterono 120mila tonnellate di neve. La valanga caduta dalla montagna spazzò via tutto, resort compreso, sventrato dopo che alcuni dei suoi ospiti si erano allarmati per le scosse di terremoto avvertite nel corso della mattinata. Stando alla ricostruzione ufficiale, il disastro avvenne quando mancava un secondo alle 16:42. Quasi un minuto e mezzo più tardi, non era rimasto quasi più nulla della struttura di quell’albergo che fu meta di turisti, famiglie e coppie alla ricerca di una parentesi di relax tra le montagne.



Al momento della strage, l’hotel Rigopiano ospitava 28 clienti, tra cui 4 bambini, e quel giorno vi si trovavano anche 12 membri dello staff. Un totale di 40 persone di cui soltanto 11 sarebbero sopravvissute. In quei giorni, in Abruzzo si registrarono nevicate record e disagi in diverse aree della regione. Subito dopo la valanga, Giampiero Parete, salvo perché in quel momento si trovava nel parcheggio all’esterno dell’hotel Rigopiano, fece la prima telefonata per allertare il 118. L’albergo era crollato, ma nessuno sembrava muoversi per capire cosa stava accadendo. 2 minuti dopo, riporta Sky Tg24, la Prefettura avrebbe chiamato la struttura senza ottenere risposta. Contattato il direttore dell’hotel, Bruno Di Tommaso, avrebbe detto di non sapere nulla perché non era al Rigopiano.

Strage hotel Rigopiano, la richiesta di aiuto ritenuta un “falso allarme”

Poco dopo le 18, non avendo avuto alcun riscontro, Giacomo Parete telefonò al suo titolare Quintino Marcella il quale, intuita la gravità della situazione, iniziò a chiamare ripetutamente 112 e 113. L’uomo avrebbe parlato anche con una funzionaria della prefettura di Pescara per due volte, ma in entrambi i casi la donna sostenne che fosse un “falso allarme”.

Soltanto a 3 minuti dalle 19, Quintino Marcella riuscì a farsi prendere sul serio da un volontario della Protezione civile e scattò la macchina dei soccorsi che avrebbe raggiunto l’hotel Rigopiano all’alba del 19 gennaio 2017. Le operazioni di recupero dei corpi delle 29 vittime si conclusero una settimana dopo, il 25 gennaio.