Due settimane circa dopo la strage nella chiesa di Owo, compiuta durante la celebrazione liturgica, gruppi criminali di cui non è ancora stata rivelata l’identità hanno attaccato, domenica mattina, due chiese nel nord-ovest del Paese, anche in questo caso durante la messa. Sono state prese di mira la chiesa battista Maranatha e quella cattolica St. Moses di Rubu, nello Stato di Kaduna, che si trovano vicine fra loro. Gruppi di persone in motocicletta, un centinaio, hanno fatto irruzione sparando. Nella chiesa protestante sono state rapite alcune persone, mentre tre cattolici sono stati uccisi.
“La diversità di trattamento è pura casualità: quando avvengono questi episodi, si tratta sempre di intimidazione nei confronti di comunità pacifiche e appartenenti agli agricoltori, in maggioranza cattolici. La violenza tra etnie, religioni e attività diverse in Nigeria è ormai una piaga che non si riesce ad arrestare” ci ha detto in questa intervista Marco Di Liddo, analista, responsabile del Desk Africa e del Desk Russia e Balcani del CeSi (Centro Studi Internazionali).
In Nigeria nuovo attacco a comunità cristiane, questa volta nello stato di Kaduna. Che realtà rappresenta?
È uno Stato del centro-nord della Nigeria che prende il nome da un antico emirato. Kaduna è una delle principali città della Nigeria ed è la zona di confine tra l’estremo nord, quello dove si verificano gli attacchi di Boko Haram e dello Stato islamico, e il resto del Paese. È una realtà caratterizzata dalla violenza intercomunale, tra comunità di religione ed etnie diverse, che nella maggior parte dei casi ha come motivazione il conflitto tra agricoltori e pastori.
Sono i pastori Fulani, di appartenenza islamica, che rivendicano pascoli aperti, mentre i contadini hanno bisogno di terre da coltivare. C’è anche il problema dell’acqua, contesa anche quella?
Esatto, questo è il quadro. È un problema sociale che si interseca con quello religioso. I pastori sono musulmani, mentre gli agricoltori, più stanziali, sono di altre etnie, soprattutto cattolici.
Il fatto che nell’attacco di domenica siano stati rapiti dei protestanti e uccisi tre cattolici ha una spiegazione particolare?
Non di tipo religioso. Dobbiamo pensare che quello nigeriano è un contesto ibrido, la violenza di tipo politico si mischia con quella di tipo criminale. Queste due sfere si alternano: i terroristi jihadisti per alcuni periodi compiono azioni criminali e banditesche, poi tornano a fare gli estremisti islamici. I gruppi spesso agiscono come meglio credono. Rapire o uccidere sono due attività intimidatorie. L’uccisione è una azione diretta, il rapimento può portare alla richiesta di un riscatto.
Attività quest’ultima molto diffusa in Nigeria, giusto?
Sì. Ricordiamo che la Nigeria è il paese dove l’attività criminale dei rapimenti per chiedere il riscatto è tra le attività economiche più fiorenti di tutta l’Africa occidentale, e non solo ai danni degli occidentali: anzi, la maggior parte delle volte va a colpire gli stessi nigeriani.
La domanda a questo punto è sempre la stessa: le forze di sicurezza, le autorità, sono incapaci o sono corrotte?
Questa domanda non ha risposte. Non possiamo parlare di un cambiamento in positivo nel corso del tempo. La Nigeria è un Paese dove a stento le forze di sicurezza riescono controllare, e pure malamente, le città principali. Quando ci si allontana dai centri del potere economico e politico comincia a diventare tutto frammentario. Le autorità sono certamente corrotte e inefficienti, occorre però tenere conto che la Nigeria è un Paese immenso, difficilissimo se non impossibile da controllare. Però è anche vero che i nigeriani hanno dei limiti strutturali. Insomma, dobbiamo tenercela così.
A meno che, come lei ha ricordato tante volte, non si arrivi finalmente ad attivare interventi sociali, culturali e politici tali che diano risposte alle esigenze della popolazione più povera.
Senza dubbio. Se non si interviene con delle riforme serie, non ci saranno altre strade. Le forze armate sono una toppa con cui si vuole chiudere una falla in una diga che ormai fa acqua da tutte le parti.
(Paolo Vites)
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