A Paderno Dugnano un altro ragazzo immigrato di seconda generazione ha compiuto un orribile, inspiegabile omicidio. Anzi una strage. Non un femminicidio, ma un famiglicidio. Come, “immigrato di seconda generazione”? Sì, “immigrato” da quel mondo assurdo in cui vivono molti nostri adolescenti. Quelli della scorsa generazione uccidevano per odio politico, per rapinare la gente, perché assoldati da qualche clan criminale. Oggi ce ne sono ancora alcuni, pochi, di questo tipo, ma sta venendo alla luce una nuova generazione che uccide senza un apparente motivo, in termini giuridici senza un movente.
In Italia non hanno l’accesso facile alle armi come in America, ma sanno usare il coltello meglio di un Kalashnikov. I difensori, spesso d’ufficio, di questi giovani chiedono subito, e giustamente, una verifica degli psichiatri sullo stato mentale dei loro assistiti. Forse questa verifica andrebbe allargata a tante persone con cui sono stati in contatto, magari non direttamente, anche solo attraverso i social.
Certo non è per diminuire o cancellare le responsabilità personali di chi commette il male. In questo caso si rischierebbe di privare questi poveri giovani dell’unico bene che resta loro: il prendere finalmente coscienza di che cosa hanno fatto e la possibilità di pentirsi e, come si diceva una volta, di convertirsi. Sì, convertirsi, ma di fronte a che cosa? Solo davanti a qualche articolo del codice penale?
Se Dio non c’è, diceva qualcuno, in fondo tutto è lecito. Certo devi pagare il conto davanti alla società (spesso anonima) e poi puoi riprendere a vivere come se nulla fosse. Anche tu magari vittima di quello che hai commesso, ma senza nessun aiuto, o quasi, per incominciare a vivere in un modo diverso.
Sia chiaro, non ce l’ho con gli assistenti sociali, soprattutto con quelli particolarmente professionali, ma con quella mancanza di rapporto autentico col Mistero di cui soffrono spesso anche quelli che non arrivano a uccidere.
E non sempre è necessario che ci sia stato un precedente di droga. Basta quella noia assurda, quel non sentirsi stimati veramente da nessuno. E non avere più neanche un Dio con cui “incazzarsi”, per poi magari capire di avere bisogno della Sua Misericordia.
E questa è una bella sfida per noi, se ci crediamo ancora.
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