Non rischia una condanna all’ergastolo Riccardo, il ragazzo di Paderno Dugnano che ha ucciso a colpi di coltello i genitori e il fratellino di 12 anni. E questo perché, a differenza degli altri casi di omicidio le cui cronache nelle ultime settimane hanno riempito le pagine dei quotidiani e dato fiato ai talk-show di tutte le tv nazionali (e locali), l’indagato è un giovane di 17 anni.
Originariamente il nostro ordinamento consentiva che, almeno in linea teorica, la pena perpetua potesse essere irrogata anche ai minorenni. È poi intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza 168 del 1994 che ha giustamente dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 17 e 22 del codice penale “nella parte in cui non escludono l’applicazione della pena dell’ergastolo al minore imputabile”. Il giudice delle leggi ha ritenuto che le norme in questione violassero i principi affermati dagli articoli 31 e 27 della Costituzione.
L’art. 31 stabilisce che “la Repubblica (..) protegge (..) la gioventù favorendo gli istituti necessari a tale scopo”, mentre l’art. 27 afferma che “le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Richiamando e coniugando questi due principi la Corte ha rilevato come la funzione rieducativa della pena, data la particolare attenzione che deve essere riservata ai problemi educativi dei giovani, per i soggetti minori di età è da considerarsi, se non esclusiva, certamente preminente facendone derivare, di conseguenza, l’assoluta incompatibilità con la pena perpetua.
Rileva saggiamente la Corte come in relazione ai giovani autori di reato, in una prospettiva di spiccata protezione del minore, “la pena, dovendo essere applicata nei confronti di un soggetto ancora in formazione e alla ricerca della propria identità, debba avere una connotazione educativa, più che rieducativa”.
Questi sono i principi cui i giudici e gli esperti del Tribunale per i minorenni di Milano, uno dei più attrezzati e competenti del nostro Paese, dovranno ispirarsi nell’affrontare il processo a carico di Riccardo, pur dovendo tener conto, soprattutto nell’immediato, di valutare la sussistenza di esigenze cautelari e di tutela della sicurezza pubblica che accompagnano ogni grave delitto. Naturalmente il procedimento sarà lungo e complesso: occorrerà approfondire innanzitutto le ragioni che hanno portato Riccardo a sterminare la sua famiglia in quanto la comprensione delle ragioni (per ora ignote) che possono aver indotto un ragazzo a commettere un reato così grave è un passaggio fondamentale per poter individuare il percorso più adatto per aiutarlo a riprendere in mano le sorti della sua vita.
Fondamentale sarà anche il ruolo dei parenti di Riccardo, che non potranno non far sentire la loro vicinanza al giovane, oltre che quello del personale penitenziario e dei volontari e ci si chiede se il Beccaria, visti gli accadimenti di questi mesi (sommosse, evasioni, arresti), possa essere oggi luogo idoneo per sostenere il ragazzo nel suo percorso educativo.
Peraltro tranquillizza l’instancabile opera di don Burgio, il cappellano dell’istituto minorile, che in questi giorni, come dallo stesso testimoniato, è stata per il giovane presenza paterna commovente ed insostituibile.
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