Proseguono le indagini inerenti la strage di Brandizzo. Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire nel dettaglio quanto accaduto ed eventuali responsabilità, e stando a quanto si legge su Il Riformista i pm starebbero analizzando i dati delle scatole nere del treno, nonché i telefoni di due delle cinque vittime, leggasi Giuseppe Aversa e Giuseppe Lombardo. Si analizzerà anche il tablet dei macchinisti, e dagli esami tecnologici si cercherà di capire eventuali ultime comunicazioni ma anche foto e video, come quello tristemente noto di Kevin Laganà, morto falciato dal treno.
La Procura di Ivrea sta lavorando senza sosta per dare una risposta alle famiglie che in questi giorni piangono i 5 operai uccisi da un treno a Brandizzo, in quella che sembrerebbe essere ormai una prassi consolidata: si lavorava sui binari prima di avere il nullaosta definitivo, posizionando “un palo” che avvisasse in caso di arrivo del treno. Intanto il quotidiano Il Riformista ha riportato le parole di uno dei due operai sopravvissuti, leggasi Andrea Girardin Gibin, che la notte del 30 agosto si trovava appunto a Brandizzo insieme agli operai. Secondo quanto emerso Gibin si sarebbe salvato per una fatalità: un collega gli avrebbe infatti chiesto di passargli il martello, di conseguenza lo stesso si sarebbe allontanato dai binari.
STRAGE TRENO BRANDIZZO, COSÌ GIBIN SI È ACCORTO DELL’ARRIVO DEL TRENO
Alzandosi si sarebbe appunto accorto dell’arrivo del treno, per poi lanciarsi di lato e scampare a morte certa, destino infausto che invece è toccato ai suoi colleghi. Gibin, caposquadra del gruppo al lavoro, è al momento indagato insieme ad Antonio Massa, il tecnico di Rfi che avrebbe dato il via libera all’inizio dei lavori nonostante non avesse il lasciapassare.
La sensazione è che le indagini sulla strage di Brandizzo non saranno brevi ma la cosa emersa è che il “lavorare a vista” sembrerebbe essere purtroppo una prassi consolidata. In futuro serviranno quindi più controlli per evitare che altri episodi di questo tipo si ripetano.