Sono passati trent’anni dalla strage di via D’Amelio, un attentato mafioso in cui persero la vita il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, tra cui la prima donna a farne parte e la prima donna della Polizia di Stato a cedere in servizio. L’unico sopravvissuto fu Antonino Vullo, che stava parcheggiando una delle auto della scorta quando ci fu l’esplosione. Erano le 16:58 del 19 luglio 1992 quando una Fiat 126 rubata venne fatta esplodere a Palermo, sotto al palazzo dove abitavano la madre e la sorella di Borsellino. Lì il giudice si era recato in visita.



Quando la Squadra Mobile arrivò sul posto si ritrovò di fronte una scena impressionante: auto distrutte dalle fiamme, altre che bruciavano, proiettili che esplodevano da soli per il calore, gente che chiedeva aiuto e corpi dilaniati. “Ci sono state deviazioni gravissime nelle indagini sulla strage di via D’Amelio, che hanno causato detenzioni ingiuste e difficoltà che hanno messo a rischio gli accertamenti“, la denuncia del procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, in occasione della sua relazione all’apertura dell’anno giudiziario.



PAOLO BORSELLINO E IL MISTERO DELL’AGENDA ROSSA

Attorno alla strage di via D’Amelio, di cui parlerà Roberto Saviano oggi al Festival di Sanremo 2022, si intreccia un mistero, quello della scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, non ritrovata nella borsa del magistrato, ma poi ricomparsa dopo alcuni mesi, con il dottor La Barbera che la consegnò alla moglie del magistrato. Tante le contraddizioni tra le dichiarazioni raccolte dai testi escussi, intervenuti nell’immediatezza dell’esplosione nella via D’Amelio. Contraddizioni che, come riportato da Domani, hanno gettato l’ombra del dubbio sulla possibilità che altri soggetti possano essere intervenuti sul luogo della strage, subito dopo l’esplosione. Il collaboratore Gaspare Spatuzza ha parlato ad esempio di “un uomo estraneo a Cosa Nostra“, indicandolo come presente nel magazzino quando il pomeriggio precedente la strage veniva consegnata la Fiat 126 che sarebbe stata imbottita di tritolo per essere usata appunto per la strage che ha portato alla morte di Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta.

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