Antonio Vullo, agente della scorta di Paolo Borsellino e unico sopravvissuto alla strage di via D’Amelio, nella quale persero la vita non soltanto il giudice, ma anche cinque poliziotti, ha parlato in queste ore dell’accaduto di fronte al pubblico radunato nell’atrio della facoltà di Giurisprudenza a Palermo per assistere a “La Grande Menzogna, il depistaggio di via D’Amelio”, la drammaturgia sugli atti della Commissione regionale antimafia dell’Ars che nei giorni scorsi ha pubblicato la relazione sul depistaggio.



A riportare le parole del suo intervento è stata l’agenzia Adnkronos, che sottolinea che Vullo, il quale rimase ferito in quella drammatica esplosione, sostiene che dietro quell’assassinio “non c’era solo la mafia. Sicuramente c’è qualcuno che ancora adesso cerca di tirare bene i fili. I depistaggi, purtroppo, continuano. E la volontà di qualcuno, anche nelle istituzioni, non permette di arrivare fino alla verità dei fatti. Dopo 29 anni. Ci sono ancora tanti di quei personaggi famosi, nelle istituzioni che non vogliono arrivare alla verità, perché non è solo un fattore di mafia, ma qualcosa di più. Anche perché abbiamo visto subito dopo quello che hanno fatto…”.



ANTONIO VULLO: “I DEPISTAGGI CONTINUANO”

Nel prosieguo del suo intervento a Palermo, come riporta Adnkronos, Antonio Vullo ha evidenziato che i depistaggi sulla strage di via D’Amelio continuano e ogni volta che ci si avvicina alla verità, subentra sempre un fatto esterno che riporta indietro nelle inchieste. “Vedendo l’evolversi della situazione in questi anni, si capisce che i depistaggi continuano a essere presenti e sicuramente non fa bene alla nostra storia. Né a noi che abbiamo subito questa strage, né agli italiani che credono di potere arrivare alla verità. Anche adesso, qui, in via D’Amelio, vede, ci sono tante persone che vengono ad omaggiare il giudice e i miei colleghi morti quel giorno, e cercano anche loro di avere una verità”.



Vullo ha poi confessato come non sia facile per lui ritornare in via D’Amelio e di farlo, solitamente, quando non c’è nessuno, dal momento che trova un momento di pace e si sente davvero vicino al giudice Paolo Borsellino e ai suoi colleghi. L’agente ha confidato in questo modo di riuscire a riconciliare la sua vita con chi è rimasto lì, quel giorno, per sempre. Quando ci sono tante persone, invece, gli torna in mente il fatto di essere sopravvissuto, una emozione così intensa che lo fa stare malissimo. “Trovarmi accanto ai familiari delle vittime è qualcosa che scatena tanto di quel dolore che penso che al posto mio potevano esserci Claudio, Vincenzo, Emanuela – ha concluso –. È una conseguenza che mi fa stare malissimo, mentre quando sono solo riesco a trovare la pace”.