Emerge una nuova testimonianza choc di una dipendente delle Rsa, le residenze per anziani, a testimonianza di come nelle stesse case di cura sia stata affrontata l’emergenza coronavirus non con i giusti crismi. “Ci davano mascherine – racconta Sara, nome di fantasia di un’operatrice sanitaria, al quotidiano Il Giornale – che non avevano niente a che fare con la sicurezza. Erano fazzoletti praticamente…”. Sara lavora nella rsa Villa Gisella di Firenze, e ha spiegato che una volta resasi conto assieme ai suoi colleghi, che l’emergenza stava diventando seria, ha chiesto mascherine e guanti alla direzione, con esito però negativo: “Quando abbiamo iniziato a chiedere i dispositivi di protezione individuale – ha raccontato – la direzione quasi ci urlava dietro, come se fossimo dei matti e pretendessimo cose assurde”.



STRAGI NELLE RSA: “PARENTI IN VISITA ANCHE A MARZO”

Nonostante i numeri in crescita fra fine febbraio e inizio marzo, le visite dei parenti andarono avanti come se nulla fosse: “Il via vai di parenti – ha proseguito Sara – è continuato fino a tutta la prima settimana di marzo”, e gli stessi “stavano a debita distanza e si disinfettavano le mani”, precauzioni però troppo basse rispetto alla pericolosità del virus. Quando poi l’epidemia è dilagata, presso Villa Gisella iniziarono ad arrivare, svela IlGiornale, persone a cui nessuno aveva fatto il tampone, e che potevano essere quindi asintomatiche, accolte nei reparti assieme ad altri ospiti della struttura. “Abbiamo subito chiesto lo screening – ha proseguito la Oss – sia per i pazienti che per il personale, gli anziani si iniziavano ad ammalare uno dopo l’altro, crollavano come birilli”. I primi test vennero effettuati praticamente un mese dopo, il 9 aprile, rivelando un caso di positività in una Oss: a quel punto iniziarono ad ammalarsi altri colleghi.



“MACCHINA DEL VAPORE HA PEGGIORATO LA SITUAZIONE”

“I pazienti che stavano male iniziavano ad essere sempre di più – ha proseguito Sara nel suo racconto drammatico – ma prima di arrivare ad effettuare i primi tamponi a tutti gli operatori si è dovuto aspettare fino al 30 di aprile… io già da due settimane ero a casa, in quarantena, dopo essermi sentita male e aver effettuato il tampone prescritto dal medico di famiglia”. Ma ormai il danno era fatto, e il virus circolava incontrollato da settimane. Ai primi di aprile venne poi introdotto una macchina del vapore, utilizzata di solito per fare le pulizie, che veniva spruzzata sui dipendenti che passavano da un reparto all’altro come una sorta di disinfettante. Peccato però che al suo interno non vi fosse alcun elemento adatto, e dopo che il vapore veniva spruzzato sugli indumenti formava delle goccioline che facevano da mezzo per il virus: “Sono convinta che abbia inciso – ha detto a riguardo Sara – da lì a poco nel personale siamo arrivati ad una trentina di contagiati”. Anche nel periodo di picco la situazione non era migliorata: “Portavamo fuori le persone infette con i semplici camici verdi – ha raccontato ancora la Oss – con mascherine che riutilizzavamo per tutto il giorno. Alcune volte ci dicevano di trasportare le persone decedute in cappella con i camici dei medici girati al contrario”. Tra gli anziani di Villa Gisella sono morte 15 persone, mentre i contagi nella rsa sono stati 60. Ovviamente rimaniamo in attesa di un’eventuale replica della stessa casa di cura, che possa confermare o smentire la testimonianza.

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