Stralcio cartelle e multe: cosa prevede la manovra
La manovra economica in attesa dell’ok del Senato dopo quello della Camera, prevede tra le altre misure anche lo stralcio delle mini-cartelle e delle multe, ossia l’annullamento automatico delle cartelle esattoriali fino a 1.000 euro accumulate tra gli anni 2000 e 2015. Il Governo ha parlato di un approccio diverso per “instaurare un rapporto con il fisco non più conflittuale”, come spiegato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo al Corriere. È inoltre un metodo per smaltire i crediti dell’Agenzia delle Entrate, che vede 19 milioni di italiani con debiti pendenti per 1.132 miliardi di euro di crediti che dal direttore dall’Agenzia Ernesto Maria Ruffini sono stati definiti “inesigibili”.
Un’ampia parte delle mini-cartelle in questione è costituita da multe non pagate. Come spiega il Corriere, viene riscosso appena il 45% delle sanzioni inflitte per il mancato rispetto del Codice della Strada. Inoltre il 90% dei crediti dei Comuni deriva proprio da multe e imposte comunali. Quelle sotto i 1.000 euro, oggetto della misura, sono la maggiore fonte di introiti per le amministrazioni locali. Nonostante questo, i Comuni faticano a riscuotere le multe: a Napoli è stato pagato solo il 15,9% delle sanzioni arrivate nel 2021, a Roma il 35,2%. A Milano si sale fino al 55%.
Annullamento multe fino a 1.000 euro: cosa faranno i comuni
Stralcio cartelle e multe fino a 1.000 euro includeva anche le multe stradali350 milioni di euro. Con un emendamento alla legge di Bilancio, la palla passa ai singoli Comuni: saranno i sindaci a decidere se esigere i propri crediti. Dovranno però farlo entro il 31 gennaio 2023. Dunque, le multe stradali fino a 1.000 euro saranno cancellate solo se le singole amministrazioni comunali daranno l’ok.
Ma com’è la situazione nei grandi Comuni? I sindaci sono al lavoro per calcolare se e quanto costerebbe alle casse comunali rinunciare ai propri crediti. Il Comune di Roma non vorrebbe fare alcuno sconto: a Roberto Gualtieri costerebbe ben 240 milioni di euro. Idem a Milano, dove Beppe Sala (Pd) già nel 2019 decise di non aderire alla “pace fiscale” per “garantire l’equità nei confronti di quei cittadini, la maggioranza, che hanno pagato per tempo i tributi e le sanzioni”, come spiega il Corriere.