La fine d’anno nei palazzi romani in fondo è andata abbastanza bene. Legge di bilancio approvata nei tempi. I 55 obiettivi del Pnrr raggiunti. Un governo che si accredita per essere protagonista sulla scena internazionale. Prudenza e realismo di fronte ad un eventuale nuovo attacco del Covid.

È difficile però che le ultime battute del 2022 possano modificare l’immagine della situazione sociale dell’Italia così come è emersa dal Rapporto Censis presentato agli inizi di dicembre 2022. “Non si registrano fiammate conflittuali, intense mobilitazioni collettive attraverso scioperi, manifestazioni di piazza o cortei. Si manifesta invece una ritrazione silenziosa dei cittadini. I meccanismi proiettivi tipici di una rampante società dei consumi, che in passato spingevano le persone a fare sacrifici per modernizzarsi, arricchirsi e imbellirsi, hanno perso presa e capacità di orientare i comportamenti collettivi. Complessivamente, 8 italiani su 10 affermano di non avere voglia di fare sacrifici per cambiare, diventare altro da sé. È la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani, il sentimento proprio del nichilismo dei nostri tempi, corrispondente alla coscienza della fine del dominio onnipotente dell’io sugli eventi e sul mondo”.



“Ci siamo infilati in dicembre travolti da tutto. Dall’invasione di Putin, dalla guerra energetica, per poi scivolare nella nostra lista di spese mensili moltiplicate”. Così scriveva Barbara Stefanelli qualche settimana fa, aggiungendo che siamo come “travolti dall’insicurezza che resta”.

Il quadro politico non basta a toglierci dall’insicurezza. Perché in fondo non riusciamo più a riprendere in mano l’impeto del vivere. È come se avessimo perso la consapevolezza del nostro valore di uomini, dell’altezza e della nobiltà della nostra condizione umana. Torna di estrema attualità quella frase dello scrittore francese André Malraux, che, davanti allo scenario desolante lasciato dalla prima guerra mondiale, scriveva: “Non esiste nessun ideale per il quale possiamo sacrificarci, perché di tutti conosciamo la menzogna, noi che non sappiamo che cos’è la verità”.



In effetti senza ragioni ideali è impossibile tirare su la testa e spendersi per costruire. Gli appelli moralistici non muovono nessuno. Il gusto di essere dei bravi, coscienziosi e onesti cittadini non solletica alcun palato. Quest’anno il ministro dell’Istruzione ha anche provato ad additarci una sorta di spirito laico del Natale che dovrebbe farci “comprendere e sentire che un modo migliore di vivere è realmente possibile per tutti noi, perché se apriamo il nostro cuore allo spirito del Natale possiamo fare grandi e piccole cose meravigliose”.

Appelli e inviti che non cancellano il dramma della realtà che domanda di essere affrontata nei suoi bisogni. Il mondo nel quale viviamo (sia quello del macro-scenario internazionale, ma anche quello più vicino delle centinaia di profughi che arrivano nelle nostre città o di quei ragazzi che non ne possono più di una condizione carceraria invivibile o degli studenti che aspettano ancora una scuola che li aiuti a diventare uomini) invoca un’assunzione di responsabilità seria, competente, capace di guardare la realtà nella complessità dei suoi tanti fattori.



Abbiamo bisogno di persone (politici, legislatori, educatori) che siano all’altezza di questo compito. Oggi che, come diceva Malraux, siamo senza ideali, dove andare a trovare questa altezza? Leopardi aveva avuto il coraggio di indicarlo. “Il non poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio; e sempre accusare le cose d’insufficienza e di nullità, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà della natura umana”.

Può sembrare un paradosso scoprire che proprio questa irriducibile insoddisfazione è ciò che salva la nostra umanità, che ci fa più uomini.  Sarà perché chi è consapevole di non essere compiuto sa guardare anche gli altri come creature bisognose. E perché chi è insoddisfatto difficilmente cede alla presunzione di sapere già tutto. Perché chi sperimenta che tutto è poco sa che non può mai smettere di cercare. Perché chi riconosce l’insufficienza di ciò che già sa è in grado di apprezzare la  diversità degli altri, che, proprio perché diversi, possono avere o sapere ciò che a me manca.

Ma soprattutto chi è insoddisfatto non smetterà mai di attendere! E nell’attesa tutto può accadere e riaccadere. Chi ha avuto la fortuna di conoscere uomini inquieti e perennemente in ricerca sa che sono i migliori compagni di strada.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI