Le deputate cinquestelle Veronica Giannone e Gloria Vizzini espulse dal gruppo parlamentare M5s alla Camera per gravissime assenze e difformità di voto con le indicazioni del Movimento. Il vicepremier Luigi Di Maio che non partecipa al Consiglio dei ministri in cui il governo decide sull’assestamento di bilancio in risposta alla minaccia Ue di una procedura d’infrazione. Lo stesso Di Maio, spalleggiato dal ministro Toninelli, che torna a cannoneggiare contro Autostrade, facendo infuriare Salvini. Dopo le pesanti cicatrici lasciate dalle tornate elettorali del 2019, che hanno via via indebolito e dimezzato il bacino di voti dei grillini, che cosa sta succedendo al e nel M5s? “Il M5s non esiste più, da anni, per come è nato e per come è cresciuto – risponde Nicola Biondo, dal 2013 fino a luglio del 2014 capo della comunicazione del M5s alla Camera e autore con Marco Canestrari del libro “Supernova. I segreti, le bugie e i tradimenti del Movimento 5 stelle” -. L’evoluzione ha portato alla scarnificazione del corpo e adesso lo scheletro è visibile. M5s è un brand elettorale e questo percorso era visibile a tutti fin dal 2014-2015: bastava solo guardare la Rete, dove il M5s è nato e cresciuto”.



In che senso?

Era evidente che la propaganda del Movimento finisse per portare il partito a questo sbocco. Le sue parole d’ordine sono state via via declinate in maniera più efficace dal più vecchio partito presente in Parlamento, cioè la Lega.

Come è potuto succedere?

Non sorprende affatto che la Lega si stia elettoralmente mangiando il M5s: oggi il Movimento subisce scosse più o meno forti.



La scarnificazione è iniziata con l’esperienza di governo avviata un anno fa?

Certo, e non poteva essere altrimenti. Perché finché era fuori dalle aule parlamentari, il M5s con il geniale marketing di Gianrobero Casaleggio ha potuto acchiappare voti sia a sinistra che a destra. Poi a un certo punto il M5s ha dovuto prendere una direzione. Le parole d’ordine fondanti del Movimento erano parole d’ordine eminentemente di sinistra, che poi sono state spostate con un abile operazione di marketing culturale verso destra. Ed è quello che stiamo vedendo.

Le deputate appena espulse, Veronica Giannone e Gloria Vizzini, accusano Di Maio di essere sottomesso a Salvini. Hanno dunque ragione?



La prima lettura in superficie è questa, ma questo è il governo Casaleggio-Salvini, i due veri dominus della scena. Luigi Di Maio, con tutto il rispetto, è l’amministratore delegato di scelte prese dall’azienda Rousseau, di cui è presidente indiscutibile, a vita e mai eletto Davide Casaleggio. Che, come noto, è il gestore dei dati del M5s, il gestore della tesoreria e di una serie di meccanismi interni delicatissimi. Se Davide Casaleggio domani decidesse di spegnere l’interruttore a Rousseau, il M5s non esisterebbe più. Invece il campo in cui si gioca questa partita di potere vede due dominus, appunto Casaleggio e Salvini, tra i quali non vedo grandi differenze.

Come mai allora di questi tempi il M5s è tornato a battere il tasto su temi come la revoca della concessione ad Autostrade? Di Maio vuole irritare o sfidare Salvini per costringerlo a rompere l’alleanza di governo?

No, sono giochini di marketing politico, sono temi identitari, perché i Cinquestelle hanno capito che la scalata a quelle cime elettorali del 33% è già avvenuta. Adesso fanno i conti con un fisiologico calo, dovuto a una serie di motivi, fra i quali il fatto che il Movimento è un palloncino sgonfio quando deve prendere decisioni. Dunque, devono rinculare per cercare di cavalcare cavalli di battaglia, che chiamerei meglio ronzini di battaglia, molto identitari. Abbiamo un’economia stagnante, e i grillini cosa fanno? La buttano in cagnara dicendo no ai Benetton. Non è una soluzione, una strada, una possibilità di uscita. Di Maio, da amministratore delegato che parla ai piccoli azionisti, ha sempre tenuto a ricordare nelle assemblee parlamentari che con Salvini ha un buon rapporto, che poi si risolve tutto. Ma i piccoli azionisti si accorgono via via di quel che ho detto e i dubbi portano poi alle espulsioni. A espulsioni ridicole.

Perché ridicole?

Anche Fico non ha resistuito i soldi e lo stesso Di Maio ha criticato il decreto sulla legittima difesa. Il punto vero è un altro. Quando si criticano i metodi della piattaforma Rousseau, la mancanza di trasparenza nella gestione dei soldi, la mancata trasparenza dei milioni di dati, è chiaro che si toccano nodi cruciali che non fanno certo piacere al padrone del partito.

E se le espulsioni riguardassero anche dei senatori, dove i numeri della maggioranza sono più esigui, si rischierebbe una crisi di governo?

Non lo so. Certo è che ogni espulsione ha due motivazioni. La prima: far capire che nessuno deve ragionare con la propria testa. La seconda: guai a toccare certi argomenti, soprattutto se toccano la figura e il potere del dominus Casaleggio, in un partito ormai svuotato, che è servito da taxi anche per portare la Lega al governo del Paese e farlo diventare il primo partito.

Era il progetto di Casaleggio?

Come abbiamo raccontato nel nostro libro io e Canestrari, senza essere smentiti, davanti al tentativo legittimo di Mattarella di vedere con il Pd e con pezzi del centro-sinistra quale maggioranza potesse essere raggiunta all’indomani del voto del marzo 2018, fu Davide Casaleggio a dire a Di Maio: tu stai scherzando, vero? Ricordati cosa disse mio padre tanti anni fa: se voi fate l’accordo con il Pd, io abbandono il Movimento. E aggiunse: questo ti pare possibile? Quel piano di ingegneria istituzionale che Mattarella tentò di mettere in campo fu dunque stoppato da Davide Casaleggio. E sempre nei momenti chiave è Davide Casaleggio a decidere, assieme ai suoi uomini che fanno parte della galassia di Rousseau.

E adesso cosa potrebbe avere in testa Casaleggio?

Lui è un giovane imprenditore che ha ricevuto in eredità dal padre un’azienda in gravi difficoltà e un partito. Ha deciso di separare, in modo notarile, i destini della Casaleggio Associati da quelli del Movimento, diventando con l’Associazione Rousseau il dominus assoluto del M5s e rimanendo il numero uno dell’azienda di famiglia. E’ il lobbista più potente d’Italia, perché può parlare con chiunque con un partito in mano che gli obbedisce. In questo momento il suo piano va benissimo. Bisogna invece chiedersi: se il Movimento dovesse uscire dall’area di governo, gli affari di Davide Casaleggio andrebbero ancora così bene?

Ma Casaleggio è ancora convinto di confermare nel suo ruolo Di Maio o Fico e Di Battista hanno chance di subentrargli?

Se dovessero scalzare Di Maio, è chiaro che questo avverrà tramite la decisione di Davide Casaleggio e di pochi altri, checché ne dicano i campioni della democrazia diretta, ed è chiaro che ci sarà un contraccolpo politico, perché se si piazza uno come Di Battista è solo perché si è deciso di passare all’opposizione. Finché questo governo sarà in carica, Di Maio continuerà a fare l’amministratore delegato di Casaleggio. Su questo non ho dubbi.

(Marco Biscella)