Non c’è pace a Stromboli, una perla delle Eolie, nominate nel 2000 dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità. L’isola in realtà è il cocuzzolo dell’unico vulcano esplosivo d’Europa, e per questo è meta di molti turisti dall’Italia e dall’estero. Ogni estate vi si ferma lo yacht tutto nero di Armani, con il suo minaccioso aspetto di nave da guerra. Non è raro vedere arrivare pure Sting, su un grande due alberi blu. E non sono certo le uniche celebrità attirate dall’esotica isola. 



La particolarità di Stromboli risiede anche nel fatto che quelli che se ne sono innamorati comprandoci casa hanno rispettato in tutto e per tutto lo stile dell’antica architettura eoliana: così chi arriva a Stromboli può immaginare di essere giunto in un paesino dell’800. Per le stradine non c’è illuminazione, sicché la sera, grazie all’assenza dell’inquinamento luminoso, è possibile godere di un’impareggiabile vista del cielo stellato e in particolare della Via Lattea.



Nei mesi di aprile e maggio, sull’isola ha lavorato una troupe della società di produzione televisiva 11 marzo, che per conto della Rai stava girando una fiction dal titolo “Protezione Civile”, protagonista Ambra Angiolini. Nel penultimo giorno di presenza sull’isola, si doveva girare la scena di una casa circondata dal fuoco. Ma la simulazione ha avuto un esito tragico: stante la grande siccità e l’impetuoso scirocco, sono bastate poche scintille volate via a incendiare prima la sterpaglia, poi canne, lecci, ulivi, e tutta la flora esistente. In un giorno e una notte sono andati in fumo molti ettari di macchia mediterranea. La magistratura sta indagando su responsabilità dirette ed eventuali corresponsabilità nel non aver sorvegliato a sufficienza.



Perché ne riparliamo oggi a più di due mesi di distanza? Perché il 12 agosto si è svolto il secondo atto di una tragedia annunciata: diversi esperti avevano infatti segnalato l’ipotesi che alle prime piogge molta terra, non più trattenuta dagli alberi inceneriti, sarebbe potuta scivolare o franare a valle. Fatto che puntualmente è avvenuto la notte del 12, quando sull’isola si è abbattuta una enorme bomba d’acqua di durata e dimensioni mai viste.

Non essendo state scavate trincee o canali scolmatori, tonnellate di acqua, massi e fango si sono abbattute sulle case riempiendo in breve tempo gli stretti vicoli del paese, rendendo impossibile la circolazione e – quello che è più grave – invadendo decine di case e negozi. Per puro miracolo non ci sono state vittime. Impressionanti sono i drammatici racconti di bambini che sono stati estratti dalle finestre con il fango alla gola, mentre genitori imprigionati come nelle sabbie mobili cercavano di sollevare in alto i neonati. 

Non solo: gli argini di un torrente abitualmente in secca sono crollati, portandosi dietro una strada che è l’unico accesso a delle abitazioni. La cosiddetta via panoramica che sale al vulcano per arrivare al ristorante L’Osservatorio (noto, oltre che per il menù eoliano, per la sua spettacolare vista sulle eruzioni), è franata in più punti. Ora è chiusa, e chissà per quanto tempo: senza lavoro proprietari e dipendenti, che lo tenevano aperto per oltre sei mesi. Molte delle spiagge sono ora ricolme di fango e detriti e l’unica speranza per ripulirle sono le mareggiate invernali.

Immediatamente è scattato l’intervento della delegata comunale Carolina Barnao (Stromboli è una frazione del comune di Lipari) e della Protezione Civile. Alle imprese di costruzione locali sono state assegnate porzioni dell’isola da bonificare. Poco alla volta sono affluiti molti volontari della Protezione Civile, che insieme ai Vigili del Fuoco, ai residenti e agli ospiti, in pochi giorni hanno riportato Stromboli alla quasi normalità. 

“Ora alla prima nuvola si trema – ha scritto Paola Mastrocola su La Stampa – le autorità si aggirano per le strade e si riuniscono nelle sale. Progettano altre riunioni, annunciano decisioni. Dichiarano lo stato di emergenza e istituiscono comitati tecnici. Benissimo. Ma non una parola concreta, un piano definito, solo formule e fumose promesse. Sapranno cosa fare? E lo vorranno fare? E intanto che facciamo? Intanto emerge la verità, i nodi vengono al pettine: il letto dei torrenti era ostruito, la montagna mai ripulita. Nessuno addetto, preposto alla cura quotidiana di un’isola tanto fragile”. 

Guglielmo Rebucci, proprietario della casa “Rosa dei venti” che ha rischiato di perdere due dei suoi cinque figli in quella notte di tregenda, è lui stesso un fiume in piena: “Posso capire la fatalità, ma quando scopro che ho perso la casa e ho rischiato che i bambini morissero soffocati dal fango a causa della modifica del letto di un torrente in secca sito poco più in alto, non posso starmene calmo”. 

Mastrocola ha ragione, ma è evidente che prima di prendere decisioni e stendere un piano occorre rendersi conto di tutte le criticità per individuare le priorità. Se da un lato non si può non rimanere colpiti dalle straordinarie manifestazioni di solidarietà e di singole eccellenze di funzionari della Pubblica amministrazione, occorre anche rilevare che insieme al sonno pubblico di fronte alla tragedia del fuoco, da molto tempo – e non solo a Stromboli – si sono fatti e si tollerano abusi di ogni genere che in alcuni casi contribuiscono ad amplificare i danni del dissesto idrogeologico. Ovunque ci sono costruzioni in evidente contrasto con qualsiasi piano paesaggistico o regolatore, e case nate in pochi giorni d’inverno in zone protette, magari con due ordinanze di demolizione e tuttora abitate. 

Chi ama Stromboli sopporta anche questo. E si impegna per tutta la collettività senza distinguere tra residenti e ospiti. 

In questo senso è davvero interessante l’iniziativa promossa dal professore della Bocconi Stefano Baia Curioni e dall’avvocato prof. Gregorio Gitti della Statale, insieme all’architetto Fabio Mangone, i quali, lavorando pro-bono, hanno preparato una richiesta collettiva di risarcimento per i danni dell’incendio e dell’alluvione conseguente, e una diffida a nome collettivo per chiedere interventi per la valorizzazione e la resilienza del territorio. Rivolgendosi alle Istituzioni per tutelare i diritti di proprietari e residenti, ma offrendo nel contempo un contributo molto concreto al lavoro del Comune di Lipari e delle autorità.

Un’iniziativa di responsabilità sociale davvero encomiabile in un Paese in cui, come diceva Longanesi, “alla manutenzione si preferisce l’inaugurazione”.

(L’autore ha una casa sulle pendici del vulcano da oltre trent’anni)

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