Si potrebbe parlare di una vera e propria epidemia che interessa tutte le nostre scuole e che ogni anno cresce sensibilmente ed è arrivata (almeno per ora) al suo massimo storico: parliamo dell’aumento delle diagnosi di disabilità tra i tantissimi studenti italiani; aumentate di circa lo 0,3% nell’arco di un solo anno, con un vero e proprio trend in crescita costante dal 2014 ad oggi quando le diagnosi riguardavano ‘solamente’ il 2,6% delle giovani menti del futuro. I dati aggiornati sulla arrivano dall’Istat – citato da Open che ha racconto anche il grido di allarme dell’ex responsabile dell’Osservatorio MIM sulle disabilità degli studenti – che parla di almeno 338mila diagnosi complessive, pari al 4,1% di tutti gli iscritti ai vari ordini scolastici.
Nel dettaglio dei dati – poi arriveremo all’allarme di cui parlavamo poco fa – emerge chiaramente che la maggior parte delle diagnosi (l’Istat parla del 37%) riguardano le disabilità intellettive; seguite dagli studenti che lamentano disturbi allo sviluppo psicologico (questi il 32% del totale) e da chi fa i conti ogni giorno con i problemi dell’apprendimento e dell’attenzione. Un vero e proprio problema – oppure, come dicevamo prima, un’epidemia – che è già stato preso in carico poche settimane fa dalla Commissione Cultura della Camera che ha formulato tre possibili interventi: da un lato un’offerta formativa dedicata agli insegnanti di sostegno; dall’altro la necessaria continuità didattica tra studenti con disabilità e docenti ed – infine – un percorso rapido per il riconoscimento dei titoli per l’idoneità al sostegno.
L’allarme di Raffaele Iosa: “Gli studenti con disabilità vengono marginalizzati e isolati”
Ma se da un lato la proposta della Camera mira a migliorare il rapporto e la formazione degli insegnanti di sostegno; dall’altro secondo Raffaele Iosa è importante che si indaghino anche le radici profonde del problema dell’aumento delle disabilità tra gli studenti: “Alla radice – spiega ad Open – c’è un’eccessiva medicalizzazione” che collega soprattutto a due fenomeni. “Da un lato l’idea di salute e benessere è mutata” con i genitori che tendono a mostrare “una preoccupazione eccessiva per qualsiasi cosa non vada” in loro figlio; mentre dall’altro dietro all’aumento degli studenti con disabilità non si può ignorare che “l’approccio scientifico” è cambiato, passando da un modello legato alla persona ad uno “legato ai sintomi” che ha creato – collateralmente – un “vero e proprio mercato” diagnostico.
Secondo Iosa, però, c’è anche un terzo fattore – forse più importante degli altri – che affonda le sue radici in un mutamento delle “relazioni educative” tra genitori e figli, con i primi che creano “un eccesso di attese nei confronti di bambini e ragazzi che – di fatto – poi genera [i] ‘comportamenti problema’”. Ma qual è il risultato di questa medicalizzazione eccessiva che aumenta esponenzialmente il numero di studenti con disabilità? Secondo Iosa sono almeno due: il primo è che “certificazioni e diagnosi tendono a ridurre le aspettative nei confronti dei bambini“, sminuendo le loro possibilità di eccellere e creando una società in cui gli studenti vengono considerati “eternamente disabili“.
Il secondo punto è che crescono le cosiddette “aule H, luoghi separati [dalle normali classi] dove l’insegnante di sostegno assume quasi il ruolo di guardiano”, creando delle vere e proprie discriminazioni al posto della necessaria integrazione: in questo contesto “non sorprende – conclude Iosa – che molti studenti con disabilità siano spesso esclusi dalle feste di compleanno o dimenticati durante le gite scolastiche“.