Le manifestazioni pro-Palestina, e purtroppo anche contro gli ebrei in genere, sono cominciate anche nelle più importanti università private degli Stati Uniti. Là a manifestare non sono centri sociali, anarchici e qualche palestinese, ma i rampolli della più ricca borghesia americana. Nelle cronache di questi giorni, per lo più ci si è dimenticati di ricordare che per frequentare Yale o Columbia bisogna pagare più di 50mila dollari all’anno. A meno che tu sia un potenziale premio Nobel su cui hanno deciso di investire le banche.
Sono i leaders di quella generazione di radical chic, in questo caso super radical chic, che fanno scuola anche in Europa, volendoci insegnare come bisogna parlare, cosa bisogna mangiare e, forse presto, anche come gestire le nostre necessità corporali. Sicuramente tra loro ci sono molti che agiscono per ragioni di coscienza, incuranti del fatto che tra i finanziatori di queste università private ci sono esponenti di lobbies ebraiche che contano molto a Wall Street.
Come non essere d’accordo con loro sul fatto che la “operazione speciale militare” cominciata dal governo israeliano debba cessare, visto quello che sta provocando? Inoltre la scelta di Netanyahu rischia di destare un’immeritata solidarietà anche per i vertici di Hamas che, non dimentichiamolo, vorrebbero far sparire Israele dalla cartina geografica e gli ebrei in genere dalla faccia della terra.
In questo clima la scelta del governo americano di tenere buono Netanyahu e nello stesso tempo di rifinanziare militarmente Israele, senza apparenti condizioni, non fa che alimentare il dissenso degli studenti, e non solo il loro.
Per il capo attuale di Israele potrebbero valere le parole del profeta Osea, uno dei suoi (ma anche dei nostri), che al capitolo 11 dice: “Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo”. Il fatto è che in questo popolo ci sono molti ebrei, praticamente tutti, anche tra quelli che stanno combattendo, che non meritano l’odio del mondo, e la probabile vendetta divina. Essere ebreo, come essere palestinese, non è una colpa. Il nuovo antisemitismo in cui si va infiltrando anche qualche gruppo tra i peggiori dell’estrema destra, non è giustificabile. Anzi, può creare gravi problemi a chi vorrebbe veramente la pace e per questo cerca di trovare soluzioni possibili al cosiddetto “problema palestinese”.
Quindi chi ha il potere si svegli, fermi come può la spirale della violenza. E i futuri leaders della classe dirigente degli Stati Uniti, una volta che prenderanno il posto dei loro genitori, si dimostrino più capaci di coloro che contestavano la guerra in Vietnam e ora, abbandonato il Vietnam al suo destino, sembrano più presi dai loro interessi.
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