Se un giorno, qualche anno fa, ci avessero detto che nel futuro gli studenti avrebbero potuto scegliere il nome che volevano a scuola li avremmo guardati un po’ storti. Ecco, quel giorno è di fatto arrivato: al Liceo Artistico di Roma in Via Ripetta gli studenti “trans” potranno scegliere il proprio nome di “elezione di genere” e non più come quello di battesimo. L’iniziativa è ancora alle origini in ambito italiano, ma vede già 4 istituti aderire alla linea “pro-LGBTQ” fin dalla giovane età: in sostanza, nel Liceo romano visitato qualche anno fa dal Ministro della Cultura Dario Franceschini, da oggi sarà possibile per gli studenti transgender di poter indicare in sede di iscrizione il nome scelto per la transizione e non quello con cui si è iscritti all’anagrafe e così farsi chiamare per tutti gli appelli dei 5 anni di scuola.



Ne dà notizia il canale “Lifestyle” dell’Agenzia Ansa che definisce – in maniera non esattamente “neutrale” – «Una scelta di civiltà, buonsenso e rispetto che rende visibile il genere di transizione anche nei documenti ufficiali scolastici: ovvero i quadri, il libretto per le assenze e il registro elettronico». La parità di genere e la lotta alle discriminazioni – battaglie più che giuste e necessarie – emergono sempre di più, con il rischio però di “spingere” ad alzare sempre di più “l’asticella”.



LA SINISTRA LODA IL LICEO: “BENE LA CARRIERA ALIAS”

Il Consiglio di Istituto del Liceo di via Ripetta ha dato il via libera all’attivazione e gestione della “Carriera Alias”: si tratta di un profilo alternativo e temporaneo dedicato a tutte le persone in transizione di genere che di fatto «permette di sostituire dentro la propria scuola il nome anagrafico con quello adottato fino all’ufficiale rettifica anagrafica», spiega l’Ansa. Plauso dal mondo accademico, dai collettivi studenteschi di sinistra e dalla Lista Zingaretti-Pd nel Lazio: «invitiamo tutte le altre scuole del territorio ad adottare questa soluzione», spiegano dalla Rete degli Studenti Medi del Lazio con il portavoce Michele Sicca che aggiunge «ogni persona trans deve sentirsi libera di esprimere sé stessa, essere riconosciuta per la propria identità e con il nome che ha scelto, soprattutto all’interno dell’ambiente scolastico. Siamo ragazze e ragazzi dai 14 ai 18 anni. Abbiamo raccolto le testimonianze di chi ha avuto difficoltà con i propri docenti che, pur riconoscendo il loro percorso di transizione e le difficoltà che questo comporta, si rifiutavano di riconoscerli col nome che avevano scelto. Queste difficoltà, se non risolte, possono portare anche all’abbandono scolastico».



Per Marta Bonafoni, capogruppo della Lista Zingaretti-Pd in Regione Lazio la decisione del Liceo romano è una iniziativa «encomiabile che accade solo in altri quattro istituti in Italia e in poche Università. Questo regolamento è un passo necessario per tutte quelle persone che magari non vogliono o non possono fare la riassegnazione chirurgica del sesso e per i molti e molte in attesa di completare l’iter di rettificazione che può durare anni». Non solo, per la politica dem «è giusto abbiano intanto il diritto di essere chiamati con il nome che hanno scelto. Concordo con la Rete degli studenti medi del Lazio sulla necessità che tutte le altre scuole del territorio adottino presto questa soluzione». Nessuna discussione però sul “fenomeno” (molto più europeo che italiano, va detto) dei “baby trans”, nulla sulle difficili condizioni psicologiche e sociali che possono generarsi in una sempre più spinta “sessualizzazione”, nulla sugli effetti della transforia di genere: un dibattito a senso unico dove risulta tutto “bello”, tutto “occasione”, tutta “umanità” e tutta “libertà”. Forse siamo retrogradi, ma almeno un dibattito in merito forse lo meriterebbe una situazione così delicata…