Susanna Terracini è stata l’unica docente ad opporsi al boicottaggio di Israele votato dal Senato accademico dell’Università di Torino. Sulle pagine di Avvenire, la professoressa ha spiegato che dopo aver preso posizione ha ricevuto non solo critiche ma anche tanti messaggi di solidarietà, anche da persone che definisce “insospettabili”. Due mesi dopo la protesta non si è placata ma anzi, è cresciuta. “Quel che vedo con preoccupazione è l’acquiescenza di un certo mondo accademico, di fronte invece all’indisposizione al dialogo dei più giovani. In ogni caso, qualcosa da allora è cambiato”, ha spiegato la direttrice del Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino.
Il giorno dell’esplosione della protesta, le rappresentanze degli studenti hanno fatto irruzione nel Senato accademico con striscioni. Come spiega la docente, però, non erano affatto aggressivi. Sono poi usciti e sono tornati nel pomeriggio per partecipare alla riunione informale. A destare scalpore è stata una foto “scattata nei pochi secondi in cui i giovani erano in Senato con i loro striscioni. Quell’immagine ha avuto certo un forte impatto nell’opinione pubblica. Per tanti, è stato il simbolo di un legame inaspettato tra corpo docente e collettivi studenteschi”. Una situazione che però, come spiegato da Terracini ad Avvenire, non sarebbe veritiera.
Università contro Israele, la prof: “Linguaggio mutuato da Hamas”
Secondo Susanna Terracini, dopo le proteste degli studenti si è arrivati a una “formulazione ambigua che di fatto è stata letta come una vittoria del fronte studentesco. Poche settimane dopo, il Politecnico di Torino ha approvato una mozione molto più equilibrata, che rigettava le richieste di boicottaggio dei collettivi e faceva ampiamente riferimento ai valori della Costituzione. Sarebbe bastato poco… La verità è che era passato un mese e credo che questo, col senno di poi, per molti sia stato un fatto decisivo: oggi i testi approvati dagli atenei riflettono meglio quella che è la posizione dell’accademia, oltre a garantire la conferma delle intese bilaterali” spiega ad Avvenire.
Ora, secondo la professoressa dell’Università di Torino, la comunità accademica è più pronta per gestire situazioni simili e oltre all’uccisione dei civili a Gaza deplora anche la detenzione dei civili e il ricatto degli ostaggi da parte di Hamas. Secondo la docente, infatti, nonostante si condivida l’indignazione per il livello della guerra in Medioriente “non si può accettare una narrativa che resta di parte: il collettivo “Cambiare Rotta”, che guida la cosiddetta Intifada negli atenei, usa un linguaggio mutuato da Hamas e ne richiama i toni antisemiti”.