Le derive della cronaca fuori dal perimetro di legge e deontologia, con la diffusione di dettagli che rischiano di mettere ulteriormente in pericolo le vittime in una spirale di attenzioni morbose e odio che si espande senza controllo sui social, sono un serio problema che si ripresenta ogni volta che un caso assume proporzioni di vasta portata per i media. Ne è un esempio quanto accaduto sulla vicenda dello stupro di Palermo, per la cui trattazione “giornalistica” alcuni siti online avrebbero sfondato ogni argine, deontologico ed etico, arrivando a pubblicare il nome della ragazza che ha denunciato il branco.
Sulla questione è intervenuto nuovamente il Garante della privacy, con un richiamo che annuncia l’apertura di un’istruttoria sui siti che hanno divulgato le generalità della giovane. “L’Autorità – si legge nella nota – si riserva inoltre di adottare i provvedimenti ritenuti necessari e di informarne l’autorità giudiziaria per le valutazioni di competenza“. Il Garante per la protezione dei dati personali ha quindi avviato la procedura perché siano valutate tutte le misure utili a impedire che simili condotte si ripetano. “Nonostante le regole deontologiche dei giornalisti impongano chiaramente di rappresentare fatti di cronaca di questa gravità senza indugiare in dettagli che possano portare a individuare le vittime di violenza – prosegue il comunicato –, si sono registrati diversi casi in cui l’informazione è stata da subito caratterizzata da un eccesso di particolari e da una morbosa attenzione sulla vicenda“.
Stupro di Palermo, richiamo del Garante privacy dopo violazioni e diffusione del nome della vittima
Il richiamo del Garante della privacy prosegue con un focus su quanto finora svolto per tutelare la vittima: “Nei giorni scorsi, l’Autorità ha emanato specifici provvedimenti di avvertimento volti a richiamare l’attenzione sull’esigenza di rispettare i parametri normativi a difesa delle vittime di violenza sessuale. La diffusione dei dati personali della ragazza – ha ricordato il Garante – oltre che in contrasto con la normativa in materia di protezione dei dati personali viola un preciso precetto penale (art. 734 bis c.p.)“.
Il Garante per la protezione dei dati personali ha evidenziato anche la sussistenza di un ulteriore esposizione al rischio, ai danni della vittima, attraverso “la pubblicazione dei nomi e cognomi dei violentatori“. Rendere nota l’identità delle persone indagate per lo stupro di Palermo, e in via generale di soggetti sospettati di reati simili, rischia di “rendere comunque identificabile in via indiretta” la vittima. “Il Garante richiama quindi nuovamente tutti gli operatori dell’informazione e chiunque ritenga di occuparsi pubblicamente della vicenda ad astenersi dall’ulteriore divulgazione delle generalità della vittima e ad adottare forme di comunicazione coerenti con la tutela della dignità della persona, evitando di aggiungere – seppur involontariamente – violenza a violenza“.