Omicidio psichico e sociale“: è così che lo psichiatra Vittorino Andreoli, intervistato dal Corriere della Sera sul caso dello stupro di Palermo che vede indagati sette ragazzi tra i 18 e i 22 anni, definisce l’entità del reato subito dalla vittima, una giovane di 19 anni che sarebbe stata violentata dal branco nella notte tra il 6 e il 7 luglio. Poche ore fa, l’unico minorenne del gruppo all’epoca dei fatti, diventato maggiorenne nei giorni scorsi, sarebbe tornato in cella, inizialmente scarcerato per “resipiscenza“, a seguito di un aggravamento della misura cautelare disposto dal gip alla luce degli elementi emersi a suo carico dall’analisi dei dispositivi elettronici. Secondo Andreoli, le scuse e le lacrime di alcuni degli indagati in sede di interrogatorio non rappresenterebbero un pentimento sincero: “Per quello servono anni“, ha sottolineato lo psichiatra.



Andreoli sottolinea come “in questo disastro” umano e sociale “è centrale il linguaggio delle immagini: alle parole si crede sempre meno, per questo mondo perfino il reato esiste in quanto fotografato, ripreso. Diventa pure un gesto eroico e il video, questo video, è il bottino della serata, lo scalpo dell’indiano, il corno del cervo“. La vittima, ha precisato l’esperto, “ha subito innanzitutto un omicidio psichico. Non sarà più come le altre, è stata abusata, ridotta a uno straccio. Le parole che hanno usato i ragazzi hanno colpito il suo io. Poi ha subito un omicidio sociale, è diventata socialmente impura“.



Andreoli sullo stupro di Palermo: “Se questi ragazzi avessero avuto il telefonino fuori uso, non l’avrebbero fatto”

Nel corso dell’intervista rilasciata da Vittorino Andreoli al Corriere della Sera, c’è un focus sull‘uso di smartphone e social come “estensioni” delle capacità e delle logiche del branco.”Se questi ragazzi avessero avuto il telefonino fuori uso non l’avrebbero fatto (…). C’è già peraltro chi dice, ma no, è colpa della ragazza, era consenziente. Per qualcuno non sono nemmeno colpevoli, responsabile è la società“. Secondo Andreoli, i social “sono una disgrazia permessa dallo Stato che arricchisce solo i pochi che la governano“. Lo psichiatra ha dichiarato di non condannare “lo strumento” in sé, ma l’utilizzo “aberrante che se ne fa e che allontana i giovani dalle cose concrete per vivere il virtuale“.



La scarcerazione dell’unico minorenne del gruppo, affidato a una comunità su decisione del gip e ora tornato in carcere per i gravi elementi che sarebbero emersi in corso di indagini, ha scatenato reazioni tra esperti e opinione pubblica. Secondo quanto riportato dall’Ansa, il quadro di elementi emersi successivamente sarebbe stato così pesante da modificare le esigenze cautelari e si parla in particolare di alcuni video, pubblicati su TikTok dopo la scarcerazione, quindi in violazione delle prescrizioni del magistrato, in cui l’indagato si sarebbe vantato di alcuni messaggi ricevuti da diverse ragazze e avrebbe condiviso via social frasi come “Chi si mette contro di me si mette contro la morte“.