Possiamo dirlo con franchezza? La retorica crescente sulle potenzialità risolutive del Pnrr per lo sviluppo dell’Italia meridionale e per ridurne il divario col Nord rischia, a nostro sommesso avviso, di nascondere molti dei veri problemi che devono essere affrontati e risolti per determinare un vero decollo del Sud, o meglio di alcune sue zone, perché è vero che molte aree meridionali hanno già registrato da tempo tassi di crescita sostenuti, se non proprio simili a quelli di tanti territori del Settentrione, a essi abbastanza vicini.



Con questo vogliamo dire che le risorse del Pnrr non assolveranno un ruolo rilevante per l’incremento della ricchezza e sperabilmente dell’occupazione nel Meridione? Nient’affatto, perché se impiegate bene, su obiettivi di qualità definiti dalle sei missioni del Piano, e soprattutto nei tempi richiesti dall’Unione europea, avranno un impatto socioeconomico sicuramente elevato e contribuiranno in misura significativa allo sviluppo dell’Italia meridionale. Ma appunto “contribuiranno”, “concorreranno”, “supporteranno” impegni che Amministratori locali e imprese avrebbero dovuto, o dovrebbero comunque assumere, e senza i quali, è bene esserne consapevoli sino in fondo, non v’è apporto di nuove risorse comunitarie o nazionali che tenga.



Mantenere in ordine i conti pubblici di Regioni e Comuni del Mezzogiorno – come del resto è necessario fare in tutta Italia – è una priorità assoluta per qualunque Amministrazione; combattere con inflessibile determinazione contro l’evasione ancora molto diffusa della tassazione locale – lo scriviamo solo per fare un esempio – prescinde dal Pnrr, ma molte Amministrazioni comunali sono purtroppo molto indietro su questa strada. Peraltro, gestire con efficienza e senza alcun lassismo servizi per i cittadini e le imprese, aziende municipali, Consorzi Asi, Asl, sistemi di raccolta e smaltimento di rifiuti, Autorità di sistemi portuali, scuole di ogni ordine e grado e ogni altra Istituzione pubblica è un comportamento assolutamente preliminare per Amministratori irreprensibili che vogliano realmente contribuire alla crescita delle comunità governate.



Ma, chiediamoci, un livello apprezzabile di efficienza amministrativa si riscontra ovunque nel Sud, in tutti i suoi Comuni, almeno in quelli maggiori e nelle sue Regioni più grandi, o, invece, bisogna registrare ancora persistenti gestioni clientelari, favoritismi a ristretti “cerchi magici” di taluni amministratori per la conservazione o la conquista del loro consenso elettorale, sciatterie amministrative, basso impiego di fondi comunitari, nomine spesso di Assessori improvvisati, senza alcuna esperienza di gestione della cosa pubblica? Non sono forse piene le cronache di queste ultime settimane in regioni, come ad esempio la Campania – ove sono state compiute scelte da parte di alcuni amministratori comunali che si sono rivelate oggetto di indagini da parte della Magistratura – o come la Puglia, nella cui Giunta regionale sono risultate discutibili le nomine di alcuni Assessori, poi indotti a clamorose dimissioni da cariche ricoperte solo da poco più di un anno? E che dire poi dei Comuni che rifiutano nei loro territori impianti di compostaggio, o di centrali eoliche e si oppongono persino a quelle off-shore, galleggianti a diverse miglia dalle coste, come i Municipi di Otranto e Castro nel Basso Salento orientale, solo per citarne due? Per queste Amministrazioni e per chi le guida le direttive dell’Ue sulla riduzione della CO2 al 2030, pari al 55% dei livelli del 1990, non esistono: così come non esistono per alcune Soprintendenze le quali bocciano progetti di nuovi impianti fotovoltaici che, a loro dire, deturperebbero assetti paesaggistici di antica data.

Allora ben vengano le risorse del Pnrr – naturalmente per chi riuscirà ad ottenerle con progetti di qualità -, ma prima, o almeno contemporaneamente, proviamo a mettere ordine ad ogni livello nella gestione ordinaria della cosa pubblica nel Mezzogiorno e a restituirle, o a conservarle ove già sia stato raggiunto, un minimo di efficienza, naturalmente nell’interesse dei cittadini.

Ed esaminiamo ora il mondo delle imprese meridionali e pugliesi che sperano anch’esse di impiegare i fondi del Pnrr, e partiamo da una considerazione: l’apparato industriale localizzato nel Mezzogiorno – i cui pilastri sono le grandi aziende siderurgiche, petrolchimiche, automobilistiche, aeronautiche, agroalimentari, della meccanica pesante e dell’Ict con le loro robuste filiere di attività indotte – partecipa ormai da anni all’impegno corale del sistema manifatturiero nazionale per conservare e rafforzare il suo ruolo di seconda potenza industriale europea.

Vi concorrono però anche i tanti cluster di Pmi diffusi ormai in tutte le regioni sia pure con diversa densità numerica e produttiva che, nel loro insieme e con le imprese multinazionali, contribuiscono a smentire ogni raffigurazione del Sud come area destinata solo alla desertificazione o alla rarefazione imprenditoriale. Chi scrive ormai da anni studia anche con la SRM del Gruppo Intesa San Paolo le dinamiche di tante piccole e medie aziende di vari territori meridionali che hanno superato prove durissime nell’ultimo decennio e che, tuttavia, sono attese da nuove sfide se vorranno essere ancora una volta fra i protagonisti dei successi della manifattura nazionale.

Tali sfide tuttavia presentano caratteri molto diversi da quelli che un’ormai stanca vulgata sul Meridione ritiene che debbano essere, ovvero solo ricerca di costanti innovazioni tecnologiche e lamentosa sollecitazione per ottenere nuove infrastrutture.

In realtà, a ben vedere, i compiti che oggi attendono gran parte delle Pmi del Sud e sono altri e possono essere così riassunti: urgenza di lavoro costante per rafforzare la loro crescita qualiquantitativa, con conseguente apertura del capitale delle proprie aziende a nuovi investitori; impiego crescente di manager cui delegare funzioni strategiche delle attività societarie; drastico miglioramento del controllo di gestione, introducendo sistemi informatici e figure professionali idonee ad assicurarlo; stabili proiezioni sui mercati esteri spesso praticati invece in forme saltuarie; creazione o rafforzamento di aggregazioni consortili; maggiore attenzione alle problematiche dei trasporti e della logistica; adesioni ad associazioni di categoria da stimolare poi con forza ad essere più attive e propositive nei rapporti con le pubbliche amministrazioni.

Insomma, non è oggetto di discussione la capacità imprenditoriale di tanti piccoli e medi operatori di prima o seconda generazione, capaci di creare o conservare imprese che in molti territori ne sono tuttora un punto di forza e di vanto, né si possono ignorare o sottovalutare le innovazioni di processi e di prodotti che in diverse aree dell’Italia meridionale e in Puglia hanno visto moltissime piccole e medie aziende investire in ricerca scientifica applicata, nuovi macchinari e in trasformazioni innovative delle loro produzioni. Si vogliono invece focalizzare le problematiche concernenti la qualità dell’esercizio di funzioni imprenditoriali che possono e devono migliorare, partendo proprio dai risultati già conseguiti che non sono certamente scarsi. Così come, per quel che riguarda l’ormai stanca denuncia delle carenze infrastrutturali – che spesso diventano un alibi per giustificare carenze gestionali di singoli imprese – bisogna dire con chiarezza a certa stampa che non conosce di persona il Sud che in molte sue aree per talune specifiche infrastrutture ve ne è persino un eccesso, cui non si accompagna una loro piena utilizzazione, fermo restando tuttavia che ve ne sono altre decisamente carenti, per cui bisogna verificare con attenzione territorio per territorio quelle realmente necessarie e per quale utenza.

Allora, riassumendo, si lavori pure presto e bene nelle Amministrazioni e nelle aziende del Sud per prepararsi ai bandi per l’utilizzo dei fondi del Pnrr, ma ci si impegni con assoluta determinazione a migliorare, ovunque possibile, il governo della cosa pubblica e le strutture societarie che, dovendo competere su mercati sempre più selettivi, potrebbero utilizzare per rafforzarsi tanti altri strumenti già esistenti che prescindono dal Pnrr, la cui pur legittima attesa non può diventare l’alibi e il paravento dietro il quale nascondere vecchie e nuove sciatterie nelle amministrazioni pubbliche e inefficienze gestionali nelle imprese.

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