Tornano a parlare di Napoli, delle sue occasioni perdute e del suo possibile futuro, due bei libri messi in circolazione a pochi giorni di distanza: Napoli e suoi dilemmi di Umberto Ranieri (Guida Editori) e Napoli dove vai? di Giuseppe Rippa e Luigi Rintallo (Edizioni Quaderni Radicali).
Si tratta di due importanti occasioni di riflessione e confronto a cavallo del voto amministrativo che ha chiuso l’ultimo deludente decennio rappresentato dalla bandana di Luigi De Magistris per aprire una nuova stagione affidata alle cure di una persona seria e approfondita come Gaetano Manfredi.
Rippa e Ranieri conoscono bene la città di cui parlano – e della quale sanno individuare come pochi le luci e le ombre – per essere stati a vario titolo protagonisti della vita pubblica e vivaci attori culturali. Due osservatori in servizio attivo, si potrebbe dire, che scrivono un’ultima e appassionata lettera d’amore.
Entrambi ripercorrono la storia recente della città, dal Dopoguerra a oggi, segnalando tutti gli errori commessi da una classe dirigente che forse non è mai stata tale fino in fondo. Riformisti fin nel midollo, riconoscono che le delusioni vanno attribuite alla destra e al centro come a sinistra.
L’incalzare dei racconti – in trentotto capitoli brevi il testo di Ranieri, sotto forma d’intervista quello di Rippa – porta il lettore a considerare quanti appuntamenti con la storia sono andati persi per l’insipienza dei governanti, la timidezza degli imprenditori, la pigrizia dei cittadini. A ciascuno le sue responsabilità.
Non sono mancati i momenti delle possibili svolte. Quando si palesò il progetto conosciuto come Regno del Possibile, per esempio, o con la proposta di Neonapoli, la promessa di bonificare e rilanciare la Bagnoli orfana dell’Italsider, il proposito di riqualificare il centro storico con fondi messi a disposizione dall’Unesco.
Del tanto che si poteva e doveva fare per restituire a Napoli il destino industriale prefigurato da Francesco Saverio Nitti ci si è limitati a piccoli e scoordinati interventi che hanno più le sembianze delle pezze a colori che delle risarciture di cui avrebbe bisogno un tessuto che si presenta ogni giorno più sfibrato.
Nonostante le delusioni maturate – grida ancora vendetta la cessione a prezzi stracciati del Banco di Napoli – tutti e due gli autori ravvisano le condizioni di una nuova possibile ripartenza e nutrono la speranza che questa volta le aspettative possano realizzarsi. Si esprimono con cautela ma con fiducia.
Ora tutti gli occhi sono puntati sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e alle magnifiche sorti e progressive che un tale ammontare d’investimenti potrà assicurare a una metropoli che ha sempre denunciato la scarsità di risorse come il principale ostacolo al suo sviluppo.
Amministrazione efficiente, tecnica, competenza; certo. Ma quello che maggiormente manca a Napoli, recuperate le antiche virtù del buon governo, è una visione che accarezzi la voglia di futuro dei giovani e meno giovani che nonostante tutto non hanno abbandonato il campo o vorrebbero tornare.
Ed è interessante notare che sia Ranieri che Rippa offrono al lettore un orizzonte mediterraneo per la loro città che deve in qualche modo riappropriarsi di una dimensione direzionale come quando era centrale almeno nelle dinamiche allargate del Regno delle due Sicilie poi diventato Mezzogiorno.
La suggestione non è nuova. Restituire a Napoli la sua dignità di capitale dirigendo lo sguardo al Mare Nostro e alle sponde dell’Africa che qui si affacciano è un obiettivo che varrebbe la pena di perseguire con metodo e passione. Vedremo come risponderanno le vivaci intelligenze di cui il territorio dispone.
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