La gestione ordinaria. Quella di tutti i giorni, che si vede e si tocca con mano. Ecco di che cosa c’è veramente bisogno a Caivano come a Napoli come in qualsiasi altra città. Il punto lo indica la preside Eugenia Carfora, moderna eroina conosciuta e riconosciuta per il suo impegno nel quartiere delle Vele in favore di ragazzi e ragazze che possono trovare riparo e sollievo in una scuola che sappia ascoltare, aiutare, accompagnare.
La grande operazione di sgombero di trentasei famiglie da altrettanti alloggi abitati abusivamente che ha in visto in campo tutte le forze dell’ordine- poliziotti, carabinieri, finanzieri, vigili del fuoco – assistite da un elicottero in volo è stata naturalmente accolta come un nuovo segnale che stavolta si fa sul serio. Che la periferia nord del capoluogo campano può davvero sperare in un futuro libero dalla cappa della prepotenza criminale.
Ma si tratta di un atto straordinario. Uno di quelli in cui il nostro Paese eccelle. Necessario, per carità, ma non sufficiente. Lo Stato deve mostrarsi affidabile nelle piccole e nelle grandi cose. I cittadini devono sapere che il comportarsi bene viene sempre premiato e che il comportarsi male viene sempre punito. Tempestivamente, non dopo anni d’indifferenza che radicano nel cuore e nelle menti della gente l’idea che occorra subire.
Ciò non toglie nulla al merito di questo Governo che sta mantenendo gli impegni assunti con il territorio come don Maurizio Patriciello, il prete simbolo delle battaglie per la legalità, riconosce apertamente facendo dispiacere chi per tanto tempo non ha mosso un dito e adesso si permette anche di criticare per ragioni di militanza politica. Le cose stanno cambiando ed è visibile a tutti coloro che non vogliono coprirsi gli occhi e tapparsi le orecchie.
Resta da chiedersi come sia possibile che lo sfratto di persone che non hanno alcun titolo per occupare le case in cui erano giunga solo adesso, dopo la mobilitazione seguita allo scandalo delle cuginette abusate in quello che doveva essere – ed è finalmente diventato – un palazzetto dello sport ed era invece una discarica vergognosa per come si presentava e per quello che ospitava. Possibile che nessuno sapeva, vedeva, ascoltava?
Questi interrogativi hanno bisogno di risposte o perlomeno di considerazione per evitare che il malcostume torni a spadroneggiare dove si sta cercando di estirparlo e continui a farlo indisturbato dove – purtroppo in molte aree del Mezzogiorno e del Paese – le luci della ribalta restano spente o si accendono a intermittenza e non c’è l’attenzione mediatica che sprona le autorità all’azione e l’opinione pubblica ad appoggiarla.
Come si diceva, la battaglia contro il malaffare si vince non tanto e non soltanto con i gesti eclatanti, ma con le mille piccole accortezze quotidiane che fanno la differenza. Strade pulite, traffico ordinato, uffici funzionanti possono molto di più nell’infondere fiducia a lungo termine – e così contribuire a cambiare sentimenti e comportamenti – che i blitz certo indispensabili ma pur sempre figli dell’incuria precedente e quindi frutto di un’anomalia.
Se si vuole davvero cambiare registro e destino – vale in tutte e per tutte le cose di questo mondo – occorre affidarsi all’arte sottile e paziente della manutenzione che serve a intervenire sulle piccole crepe appena si formano per evitare che degenerino in lacerazioni dolorose. Qui lo Stato deve mostrare il suo grado di maturazione e dare l’esempio perché i cittadini che non delinquono si sentano finalmente confortati e spalleggiati.
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