MONDIALE SUDAFRICA 2010 – In Sud Africa il Mondiale delle sudamericane Un dato balza agli occhi dopo le prime due giornate del torneo ed è un dato impressionante: il ritorno in grande stile del calcio sudamericano. Le cinque qualificate al Mondiale guidano i gironi di cui fanno parte: Brasile già qualificato agli ottavi, Argentina e Cile a punteggio pieno e protetti dalla differenza reti, Paraguay che sta soffiando il primato nel girone all’Italia e Uruguay che giocherà a non farsi male contro il Messico, altra Nazionale che può rientrare nel panorama sudamericano (allargando leggermente i confini…), per passare a braccetto il primo turno.
E’ un dato di fatto impressionante che, oltre a confermare una consolidata tradizione della Coppa del Mondo (un’europea non è mai riuscita a vincere al di fuori dei confini del Vecchio Continente), ribalta momentaneamente le gerarchie a livello internazionale. Perché di Brasile e Argentina si sapeva che avrebbero disposto agevolmente dei loro gironi, delle altre invece no. Così, detto del Paraguay anti-azzurri, occorre anche elogiare l’Uruguay che, giunto in Sud Africa dopo lo spareggio contro la Costa Rica, sta buttando fuori i vicecampioni del mondo francesi mentre il Cile sta tenendo testa alla favoritissima Spagna, in attesa dello scontro diretto in programma venerdì sera e che dovrà risolvere la trama di quello che si presenta come il raggruppamento più intricato del torneo.
C’è una possibile spiegazione di questo sopravvento sudamericano. Anche per quanto riguarda il Brasile e l’Argentina, nonostante si sapesse delle qualità tecniche dei singoli. E’ la mentalità differente, quella che – per esempio – Carlos Dunga ha dato ai verdeoro. Il modo di giocare potremmo definirlo all’italiana, viste le caratteristiche di copertura soprattutto del centrocampo. Una struttura solida impreziosita, però, dalle giocate di grandi campioni: Kakà sopra tutti. Per quanto riguarda le altre sudamericane le ragioni del loro boom vanno ricercate anche nell’influenza che i campionati europei hanno avuto sui singoli giocatori: la Spagna su Forlan, la Germania su Barrios e l’Italia su Sanchez, giusto per fare tre esempi. Un’influenza che ha garantito loro la mentalità di cui sopra e l’esperienza che i campionati sudamericani non sanno dare unitamente alla conoscenza dell’avversario dovuta alla militanza comune negli stessi tornei. Sudamericani come arma importante per i singoli club, ma un’arma a doppio taglio se poi sono le rispettive Nazionali che alla fine ne godono. Come il Mondiale in Sud Africa sta al momento dimostrando.