L’augurio? Fare come l’Inghilterra, seconda e felice. Felice perché ha raggiunto gli ottavi di finale, felice perché ha ritrovato se stessa proprio nel momento del possibile disastro: quello che avrebbe cacciato la squadra dal Mondiale – in caso di mancata vittoria sulla Slovenia -, quello che avrebbe condotto al precoce divorzio da Fabio Capello. Una prova fatta di determinazione, carattere, cuore e anche – a tratti – bel gioco. Ciò che, né più né meno, si chiede oggi agli azzurri contro la non temibile Slovacchia alla terza partita del girone, divenuta quella del punto di non ritorno. Ciò che, finora, è proprio mancato, tranne il pizzico di carattere che ha permesso di venire fuori da situazioni potenzialmente intricate contro Paraguay e Nuova Zelanda, certamente non l’aristocrazia del calcio mondiale.
Serve obbligatoriamente un salto di qualità: lo invoca Marcello Lippi, lo promettono i giocatori. L’Italia, in questo momento, ha problemi un po’ dappertutto: in difesa viene bastonata alla prima distrazione concessa, a centrocampo fatica nella costruzione, in attacco non trova il guizzo per la conclusione, ritrovandosi così all’attivo un gol di un centrocampista (De Rossi) all’esordio e di una punta sì (Iaquinta) ma su rigore contro la Nuova Zelanda. Lippi proprio in attacco gioca a fare pretattica, senza sbilanciarsi nella preferenza tra Gilardino (finora inconcludente) e Pazzini (poco servito nelle occasioni in cui è stato schierato). Contro gli slovacchi la preferenza dovrebbe andare al secondo, per la mobilità che sa dare al reparto.
A centrocampo mancherà ancora Pirlo, come ammesso dallo stesso commissario tecnico: non è ancora pronto dopo l’infortunio patito a inizio manifestazione. Un’altra occasione a favore di Riccardo Montolivo, che sta dimostrando interessanti segnali di crescita: quelli che potrebbero renderlo prezioso nell’attuale Mondiale e decisivo per i destini azzurri quando arriverà Claudio Prandelli, suo maestro alla Fiorentina.
Gli azzurri promettono un cambio di passo, inevitabile se si vuole restare a galla. L’alternativa è il fallimento, una caduta degli dei ancora peggiore di quanto accadde nel 1986 ai campioni del mondo di Spagna che, sia pure a fatica, almeno superarono il primo turno. Rispetto ad allora abbiamo il vantaggio di sapere che cosa succederà a breve agli azzurri. Ma, per i tifosi e non solo per loro, sarebbe bello poterlo scoprire ancora tra qualche giorno.