L’Europa primeggia ancora, ma per quanto riguarda i numeri assoluti e non quelli relativi. Sei squadre degli ottavi arrivano dal Vecchio Continente, cinque dal Sud America, due dell’Asia, una dall’Africa, una dal Nord e una dal Centro America. Ma le sei dell’Europa sono poca cosa se si pensa che il Sud America è stato in grado di portare al secondo turno del Mondiale tutte le Nazionali che si erano qualificate per la fase finale. Un successo clamoroso, che fa da controcanto al fallimento – l’ennesimo – dell’Africa, presente ancora con il Ghana soltanto. Un’altra occasione persa dal grande continente, che tutti aspettano al salto di qualità definitivo, un salto di qualità che neppure il Mondiale organizzato in casa ha saputo aiutare.



L’Europa, quindi. Una presenza priva di grandi storiche che hanno fallito (Italia e Francia) e che porta alla ribalta una novità assoluta e totalmente inattesa come la Slovacchia. La presenza resta qualificata, perché Spagna e Inghilterra erano considerate tra le favorite della vigilia mentre la Germania è rappresentativa che difficilmente stecca. Una presenza, però, che sarà dimezzata già ai quarti, perché il gioco delle combinazioni si è divertito a mettere di fronte proprio le sei europee, con un cammino forse più agile per l’Olanda del ritrovato Robben (che dovrà affrontare proprio la Slovacchia) e con due confronti straordinari e storici come Inghilterra-Germania e Spagna-Portogallo. Si tratta di partite che aiutano a comprendere come il tabellone possa appare poco equilibrato, visto che la vincente di Olanda-Slovacchia troverà quella di Brasile-Cile e la vincente di Inghilterra-Germania quella di Argentina-Messico.



Lo squilibrio è marcatissimo soprattutto nella parte alta, visto che una tra Uruguay, Corea del Sud, Stati Uniti e Ghana potrà arrivare alla semifinale. Ed è potenzialmente facile da capire con quante chance di farcela contro una tra Brasile e Olanda. Ma questo è il bello della coppa del Mondo, che riserva sorprese inattese e palcoscenici ad attori forse poco conosciuti ma ben più solidi di quanti sono già andati a casa. Ed è anche la forza della globalizzazione del pallone, come sottolineava Carlos Dunga. Perché se ci sono le rappresentanti dei campionati più affascinanti d’Europa (guardate le formazioni di Spagna, Germania e Inghilterra e guardate a che squadre appartengono non solo i titolari), perché se ci sono le Nazionali formate da elementi che danno spettacolo all’estero (Argentina e Brasile, ma non unicamente: pensate anche al Cile degli italiani), tra le prime sedici ci sono pure selezioni di campionati di seconda fila ma che hanno saputo diventare grandi proprio perché possiedono calciatori andati a imparare altrove. Come bene ha evidenziato contro di noi la Slovacchia di Hamsik e Skrtel.



 

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