MONDIALI 2010 – Nel football americano ci sono ben sette arbitri per ventidue giocatori in campo. Eppure questo sport è stato il primo – nel 1999 – a sentire la necessità di introdurre per regolamento un occhio elettronico per aiutare a decidere chi deve garantire il corretto andamento delle partite. Una concessione obbligata alla modernità andata via via diffondendosi in tutto lo sport mondiale, prendendo possesso anche di realtà legate a riti pressoché sacrali come la scherma e il tennis. E oggi pure il pubblico di Wimbledon si diverte a ritmare con l’applauso gli attimi che separano la richiesta fatta di instant replay dall’apparizione del verdetto – via immagine – sul tabellone.
Ma nel calcio no, questo non è e non sarà possibile nell’immediato. O, almeno, fin quando herr Sepp Blatter terrà alto il suo vessillo sull’impero del pallone. Non gli bastava che il suo sistema fosse stato salvato dal ridicolo quattro anni fa, quando Zinedine Zidane venne espulso per la testata nella finale a Marco Materazzi da un provvidenziale collegamento via auricolare quarto uomo-arbitro, dopo rapida consultazione del monitor a bordo campo. Non gli bastava che la Francia si fosse qualificata al Mondiale con una palese scorrettezza di Thierry Henry nella rete che ha condannato l’Irlanda allo spareggio. Non gli basta che a Frank Lampard non sia stata convalidato il 2-2 con pallone oltre la linea di trenta centimetri e che all’Argentina sia stata concesso il gol del vantaggio sul Messico in palese fuorigioco. E non gli basta – infine – affrontare la realtà ignorando il senso del ridicolo perché, messo alle strette sull’argomento, il numero uno della Fifa ha ribadito che “le tecnologie sviluppate sono complicate e non sicure al cento per cento”. Sul complicato, è difficile capire che cosa voglia intendere. Sulla non sicurezza al cento per cento, vuol invece dire andare contro la storia stessa dell’umanità visto che, ogni scoperta, è partita da un’ipotesi i cui risultati non potevano dare certezze al cento per cento. Sul complicato, è difficile capire che cosa voglia intendere. Sulla non sicurezza al cento per cento, vuol invece dire andare contro la storia stessa dell’umanità visto che, ogni scoperta, è partita da un’ipotesi i cui risultati non potevano dare certezze al cento per cento. Un senso del ridicolo che, dopo aver tolto i provvidenziali monitor piazzati a fianco delle panchine, adesso vuol andare oltre, intervenendo sui tabelloni degli stadi mondiali. Non avrebbero dovuto mostrare il replay del gol di Tevez, sottolinea il portavoce Fifa, Nicolas Maingot. Come dire: se una cosa non si vede, vuol dire che non esiste.
Invece il problema esiste ed è ben presente a tutti i protagonisti del mondo del calcio. Certo, Fabio Capello interviene adesso e non quando certi gol fantasma favorivano i club da lui allenati, ma si può passare sopra questo particolare. Occorre, piuttosto, individuare gli strumenti adatti per aiutare il calcio a evitare simili ingiustizie. Ci stava provando l’Udinese con un sistema di telecamere ma la Fifa, dopo averlo incoraggiato, non ha più fatto sapere nulla. Altre aziende stanno tentando da tempo con il chip nel pallone. Vie che la tecnologia propone e cui il calcio non può rimanere indifferente, anche soltanto per il fatturato che produce e che non può essere influenzato da un comprensibile – ma evitabile, in certe situazioni – errore umano. A meno che qualcuno non voglia pensare che Blatter non intenda mollare la presa pure sugli arbitri…