Sudafrica, almeno tre istituti di credito ospiterebbero conti correnti legati a jihadisti, che vengono alimentati con fondi neri da vari paesi islamici e dalla rete legata al movimento dei Fratelli Musulmani. Tra gli 8 e i 12 milioni di dollari versati ogni mese, che sfuggono ai controlli internazionali antiriciclaggio. I dati emergono da una inchiesta che è stata pubblicata dal quotidiano Jerusalem Post, riportata sul quotidiano Libero, nella quale si svelano i risultati delle indagini che negli anni il governo israeliano conduce per scoprire chi si cela dietro i finanziamenti ad Hamas. Sarebbero inoltre coinvolti anche molti soggetti, che ufficialmente dovrebbero essere Ong umanitarie, ma che in realtà agiscono come tramite per il trasferimento dei fondi, mascherati da aiuti alla popolazione palestinese ma poi usati per l’acquisto di armi a fini terroristici.
Se ne è occupata anche l’agenzia Bloomberg, che ha avuto informazioni da alcune fonti anonime, a conferma del sistema di mimetismo e triangolazione utilizzato da questi enti. In particolare del meccanismo chiamato Trade-Based Terror Funding, che utilizza prevalentemente lo scambio di merci con aziende locali di Gaza in cambio di una collaborazione nella guerra.
Inchiesta sui conti correnti jihadisti in Sudafrica: finanziano Hamas con fondi mascherati da donazioni
Il sistema di finanziamenti ad Hamas, passa attraverso le Ong umanitarie, ma anche dalle donazioni effettuate dai governi di altri Paesi. Come la Turchia e Paesi del Golfo. Dal Qatar ad esempio, cinque anni fa sarebbero arrivati fondi pari a 30 milioni di dollari destinati all’Autorità Palestinesecome “compenso per mancate entrate fiscali“. Mentre, stando all’inchiesta israeliana, l’Iran contribuirebbe con almeno 100 milioni l’anno, inviati a finanziamento delle operazioni militari. Ora, la contro accusa è mossa nei confronti del Sudafrica, che sta sostenendo le accuse contro Israele per genocidio alla Corte dell’Aja.
Ma che allo stesso tempo sarebbe colpevole di non controllare abbastanza questi movimenti sospetti da milioni di dollari effettuati con la complicità di banche nazionali. E sarebbero almeno tre gli istituti: Standard Bank, Nedbank e Absa, che una volta interpellati dal Jerusalem Post non hanno voluto rivelare l’identità dei clienti, ma che risultano sotto indagine perchè ospitano depositi legati ad Ong, inserite nella lista nera degli Usa e di Israele, perchè effettuano movimenti di denaro con fondi raccolti dalla rete dei Fratelli Musulmani e mascherati come “offerte”.