Quando il progetto Nord Stream 2 rischiava di naufragare nell’estate 2020 a causa dell’opposizione degli Stati Uniti, il Land tedesco Meclemburgo-Pomerania e gli operatori del gasdotto ricorsero ad un trucco per salvarlo, con l’aiuto di una fondazione ambientalista. A svelare il retroscena è il giornale tedesco Süddeutsche Zeitung, che ha ricostruito la vicenda, intrecciata peraltro con i piani del presidente russo Vladimir Putin. Si parla di una cena tra Manuela Schwesig, membro del SPD e a capo del Land, Matthias Warnig, CEO di Nord Stream e l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder. Tutti e tre «concordano di non cedere agli americani. A qualsiasi costo». Così tra il 2020 e il 2021 un piccolo gruppo di politici tedeschi avrebbe cercato di salvare il gasdotto con una manovra senza precedenti, contro lo scetticismo interno del governo tedesco e l’aperta opposizione degli Stati Uniti. Su questa vicenda sta indagando una commissione istituita nel giugno dell’anno scorso. Finora non ha trovato risposte a tutte le domande, ma al momento sono due le ipotesi: o questo gruppo rappresentava solo i propri interessi economici o era al servizio del Cremlino.
In ogni caso, ci si chiede perché il governo federale non sia intervenuto, anche perché la Casa Bianca aveva chiarito che con Nord Stream 2 sarebbe cresciuta l’influenza della Russia ed era arrivata a minacciare sanzioni. Il giornale tedesco ricorda la proposta di Scholz per ammorbidire gli Usa: diversificare gli acquisti di gas, investire un miliardo di euro in gas naturale liquefatto per rendersi meno dipendente dalla Russia, rafforzare il transito del gas tramite l’Ucraina, in cambio del via libera alla costruzione del Nord Stream 2. Quella proposte non convinse l’allora presidente Usa Donald Trump, che accusava la Germania di volere la protezione americana e al tempo stesso di fare affari con la Russia. Al termine del suo mandato, Schröder è stato convinto da Putin a dirigere il comitato degli azionisti di Nord Stream AG, assumendo poi anche la carica di supervisore del Nord Stream 2, mentre Warnig ha fatto appunto costruire il primo gasdotto diretto dalla Russia alla Germania.
NORD STREAM 2: L’INFLUENZA DELLA RUSSIA, LE PRESSIONI USA E IL SILENZIO DEL GOVERNO TEDESCO
Invece, Manuela Schwesig, secondo quanto riportato dal giornale tedesco Süddeutsche Zeitung, avrebbe discusso col suo ministro dell’Energia della possibilità di eludere le sanzioni americane con un trucco legale. Non incaricare più le imprese di costruzione del gasdotto, ma incaricare di ciò una fondazione statale, a cui far confluire 200mila euro, mentre la controllata di Gazprom avrebbe pagato 20 milioni di euro. Questo perché le sanzioni Usa non possono colpire fondazioni statali, quindi così avrebbero protetto la costruzione del gasdotto. «Alcuni a Schwerin lo considerano un trucco legale intelligente. Altri per il più grande bluff della recente storia tedesca», scrive SZ. Il problema per il governo federale è che il progetto era stato presentato come privato, quindi la politica non aveva nulla a che fare con esso: la fondazione statale avrebbe ostacolato questa narrativa. Pertanto, il governo federale avrebbe sconsigliato di crearla, ma di fatto non avrebbe fatto nulla per opporsi realmente. Così il piano è stato completato.
Quando l’idea della fondazione è trapelata, Nord Stream 2 AG ha addirittura inviato suggerimenti alla Cancelleria di Stato su come rispondere alle domande critiche: questo è quanto emerso da un’e-mail visionata da SZ, che nel suo approfondimento ricostruisce anche i legami tra Germania e Russia. «Nel suo ambiente oggi si dice che la Merkel abbia segnalato subito che sarebbe rimasta fuori dall’intera faccenda». Il vice Scholz, anche lui contrario all’idea della fondazione, non ha fatto comunque nulla per contrastare quella soluzione. «È così che tutti i responsabili di Berlino trovano la fondazione decisamente ridicola, ma non fanno nulla al riguardo», attacca il giornale tedesco. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, Manuela Schwesig è finita nella bufera insieme a Gerhard Schröder. C’è chi li ha definiti “burattini” di Putin. Di fatto, mentre il gasdotto Nord Stream è un cumulo di tubi rotti sul fondo scuro del Mar Baltico, la fondazione statale tedesca continua a fare affari: la parte economica è stata sciolta, non quella climatica, e grazie alle commissioni il patrimonio è arrivato a 26 milioni di euro.